Crollo Scampia, una delle bimbe ferite a infermiera: “Sto bene, dov’è la mia sorellina?”

Codice rosso, codice rosso, è caduto un ballatoio della vela celeste, ci sono un sacco di bambini,” urlano due uomini che hanno in braccio due bambine, nel caos e nel fuggi fuggi generale dopo il crollo del ballatoio della Vela Celeste a Scampia. Nunzia, una delle bambine ferite, stringendo la mano dell’infermiera che la sta assistendo dice: “Non ti preoccupare, io sto bene… dove sta mia sorella?”.

Crollo Scampia, una delle bimbe ferite a infermiera: “Sto bene, dov’è la mia sorellina?”

È toccante il racconto di Federica, infermiera del Pronto Soccorso dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, che a “Nessuno tocchi Ippocrate”, affida le sue sensazioni su quanto accaduto lo scorso lunedì sera a Scampia.

Federica, in servizio nell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli nella tarda serata di lunedì, racconta che sette bambine sono tuttora ricoverate in seguito al cedimento strutturale che ha causato tre morti, due donne e un uomo. “Mai in cinque anni di pronto soccorso – ammette – mi sono sentita più persa, più inerme, più vuota, era tutto così surreale…”.

Le guardiamo in volto, sporche di terra e calcinacci, lacrime e sangue, la paura negli occhi. Suoniamo il pulsante di emergenza senza conoscere nemmeno la gravità della situazione, le portiamo nella stanza dei codici rossi, corrono tutti i miei colleghi, medici e infermieri, come una mandria ci siamo riversati tutti sulle piccole: parametri, accesso venoso, farmaci, ossigeno, sangue”.

“Mi giro verso uno dei due uomini che avevano portato le bambine,” racconta Federica, che poi si rivolge a uno degli uomini dicendogli: “papà, vieni con me e dimmi come si chiamano così le registriamo”. Ma l’uomo risponde: “io non sono il padre, non so nemmeno chi sono, le abbiamo prese da sotto le macerie, ce ne stanno altri, non so nemmeno se i genitori sono vivi”.

Federica ha un sussulto, si guarda intorno e vede che i suoi colleghi sono tutti impegnati nei codici rossi. “Arriva un’altra macchina, suonando all’impazzata come quella di prima. Corro fuori, un signore mi aiuta a tirare fuori M., il suo femore era totalmente staccato dal bacino, un frammento era quasi esposto. La portiamo insieme all’interno. ‘Prendete una barella,’ dico. La appoggio sopra e nemmeno il tempo di girarmi eccole arrivare tutte, una dietro l’altra, sette bambine terrorizzate, sporche, bagnate, insanguinate“, prosegue la giovane infermiera.

Il racconto di Federica continua, denso e toccante, mostrando il coraggio e la professionalità del personale medico del pronto soccorso pediatrico partenopeo durante quella tragica serata. “Mi ricordo gli occhi di quella patanella (patatina) di Nunzia,” dice Federica, “che mi ha stretto la mano e mi ha detto ‘non ti preoccupare io sto bene, dove sta mia sorella?'”.

“Nunzia amore mio, – ammette l’infermiera – tu mi hai trafitto il cuore. Mi ricordo le lacrime sul volto dei miei colleghi, la notte passata ad aggiornare la pagina delle notizie, le ricerche fatte insieme sulle vele di Scampia e non riesco a togliermi questi pensieri dalla testa”.

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