Egregio Direttore,Le confesso che non sono un assiduo lettore del suo giornale e nemmeno un abituale fruitore di Facebook, quindi solo dietro segnalazione ho letto l’articolo pubblicato ieri che riprendeva un stato postato sul mio profilo avente ad oggetto una mia riflessione sui deludenti risultati elettorali di Forza Italia alle ultime amministrative ed in cui ricordavo con un pizzico di nostalgia quando dopo le elezioni in tempi non molto lontani, nelle sezioni di partito si celebrava il rito del l’analisi del voto per fare autocritica sulle eventuali responsabilità politiche e di conseguenza per non ripetere gli errori commessi. Da una mia constatazione oggettiva sui dati elettorali all’ interpretazione fatta dall’articolista che il mio fosse un attacco a Luigi Guarino credo sia stato fatto un salto di pura fantasia. Le conclusioni del giornalista sono a dir poco azzardate e non riflettono minimamente quanto avevo intenzione di esternare. Tant’è che con Guarino ho avuto sempre rapporti cordiali impostati alla massima schiettezza come è logico che sia tra due persone che da più di venti anni convivono politicamente all’interno dello stesso partito, e nonostante non condividessi il modo in cui si fosse arrivati alla sua candidatura, sostenendo per quello che era nelle mie possibilità , due candidati di Forza Italia, ho contribuito alla sua battaglia politica. Mi convinco sempre di più purtroppo che sui social sono tanti quelli che non sanno scrivere ed ancora meno quelli che sanno leggere. Accuse certamente che non rivolgo ai suoi validi giornalisti alcuni dei quali conosco personalmente e so di essere dotati di indiscutibile maestria. La logica di una tale forzata interpretazione credo vada ricercata solo nella necessità di fare notizia. E fin qua ci siamo. Dopo due anni di commissariamento i giornali locali soffrono di una crisi di astinenza dal dibattito politico che giocoforza si tramuta in una sorta di informazione bulimica al solo fine di incentivare le visualizzazioni. Tuttavia pur condividendo quell’orientamento giuridico secondo cui le dichiarazioni rese su Facebook possono essere ritenute come fonte di informazione ritengo che il giornalista non si possa arrogare il diritto di interpretare il pensiero altrui. Sarebbe giustificabile solo nel caso in cui l’autore del post non avesse più la possibilità di fornire quella che gli operatori del diritto definiscono “interpretazione autentica”. Nel mio caso penso che l’etica professionale avrebbe richiesto un minimo approfondimento su quello che intendevo dichiarare. Lungi però da me di volere dare insegnamenti sulla deontologia di una professione di cui sto imparando a conoscere le difficoltà ed apprezzare i sacrifici dei giovani che si cimentano in questo mestiere attraverso il contatto che ho, sia pure sporadico, con la redazione di uno dei giornali locali in rete. Mi sia consentito per ultimo rispondere a qualche giovane politico che pare sia stato offeso da dichiarazioni che come ho spiegato mi sono state forzatamente attribuite. Una delle regole che sono state trasmesse a me quando ero un un giovanissimo e modestissimo allievo nella grande scuola della politica dei partiti, è quella secondo cui chi riveste un ruolo di rappresentanza istituzionale deve abbondantemente riflettere prima di esternare o ancora peggio, di accusare. Le parole di un personaggio pubblico hanno un peso diverso da quelle degli altri, specie se è un rappresentante della città. L’altra non meno importante ed alla quale pure mi sono sempre sforzato di attenere è che la politica serve seppure con immani sforzi, ad unire le diversità ideali. Antonio Dell’Aquila