Luigi Di Maio rischia di diventare vittima delle regole che lui stesso ha imposto. Nel 2018, a febbraio, impegnato in campagna elettorale stabilì che chiunque dovesse cambiare partito avrebbe dovuto versare 100mila euro di “multa”. Una sanzione una tantum per i transfughi e i voltagabbana. Peccato che questa volta il trasgressore della fedeltà al mandato popolare sia stato lui stesso.
Di Maio rischia di dover versare 100mila euro di “multa”
«Chi dovesse cambiare partito e collocazione dopo essere stato eletto con noi pagherà una multa da 100 mila euro – tuonò l’ex leader pentastellato – . Così ci penserà su un migliaio di volte prima di tradire la fiducia che ha ricevuto». Quella regola non è finita nel dimenticatoio. Tanto che ieri nel consiglio nazionale grillino tenutosi ieri sera tra i presenti c’è chi l’ha riesumata, proponendo di multare lui e gli altri transfughi finiti nel gruppo parlamentare “Insieme per il futuro”.
La multa da 100mila euro per i transfughi al momento non è mai stata irrogata. Ma resta il fatto che l’aspetto economico è sempre stato spinoso per i grillini negli ultimi anni. Altro tema da sempre dibattuto è quello delle restituzioni. Sono molti i parlamentari indietro con i pagamenti. Da regolamento dovrebbero versare una quota del loro stipendio nelle casse del Movimento, che non ha molti altri canali di finanziamento. «Il grosso dei parlamentari morosi è andato via, paghino almeno quelle…», si è detto ieri in assemblea. I tempi del “redde rationem”, a scissione compiuta, sono arrivati: molti ex grillini potrebbero essere costretti a mettere mano al portafoglio per evitare di finire in un’aula di giustizia.