Donna di Qualiano ricatta prete: “Paga o rivelo la nostra relazione”. Tre arresti

Donna di Qualiano ricatta un prete: “Paga altrimenti rivelo la nostra relazione”. E’ stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari adottata dal GIP di Napoli, dott. Francesco de Falco Giannone, su richiesta della Procura di Napoli VII sezione ed eseguita dagli uomini della Polizia di Stato, all’esito di un’indagine avente ad oggetto un’estorsione continuata ai danni di un sacerdote della provincia di Isernia, ad opera di due donne, di 51 e 28 anni, e di un uomo di 64, tutti residenti nel napoletano.

La storia. La vicenda ha tratto origine dal rapporto di frequentazione, instaurato da una delle due donne con il religioso e protrattosi sino all’agosto del 2015, nel corso del quale il sacerdote, oltre a fornire la consueta vicinanza ed assistenza spirituale, era solito altresì elargire alla donna piccole ma periodiche somme di denaro, a titolo di donazione per supportarne la precaria situazione economica.

Il ricatto. Venuto meno il rapporto, la donna, non rassegnandosi alla perdita delle entrate finanziarie ed ottenuta la complicità della nuora e di un amico, aveva allestito una trama di ricatti e vessazioni ai danni del prelato, fatta di continue telefonate, messaggi vocali ed SMS, contenenti esplicite e gravi minacce alla incolumità ed alla stessa reputazione della vittima, che si era vista costretta a corrispondere agli aguzzini, in soli pochi mesi, una somma pari a diverse migliaia di euro.

La denuncia. Esasperato dalle continue minacce, divenute insostenibili, il sacerdote ha infine richiesto l’aiuto della Polizia di Stato che ha dato corso alle prime indagini poi proseguite sotto la direzione della Procura di Napoli che ha delegato l’attività investigativa al 1 Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni “Campania” e alla Squadra Mobile del Molise. Tale attività si è sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche, riscontri finanziari sui conti correnti di raccolta dei proventi illeciti, incroci dei dati acquisiti ed esami delle immagini di videosorveglianza degli sportelli ATM, presso i quali gli indagati si recavano per “monetizzare” i frutti della loro attività estorsiva.

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