tratto da Il Principe democratico. La leadership nelle democrazie contemporanee. di Sergio Fabbrini, Editori Laterza, pp. 116-120
Non esistono eventi o fatti politci che possono prescindere dall’osservatore che li interpreta: la politica, per sua natura, è iperreale, cioè strettamente dipendente dal punto di vista di chi la interpreta. La politica non esiste nella sua oggettività, ma è sempre costruzione artificiosa, interpretazione soggettiva, rappresentazione a partire da un punto di vista. La politica è dunque spettacolo, e in quanto tale (cioè in quanto spettacolo politico) è interamente feticista. Gli eventi politici che popolano lo scenario pubblico sono creazioni di osservatori autonomizzate rispetto ai loro creatori, e che quindi finiscono per mistificare la coscienza di questi ultimi, oltre che per dominare i loro comportamenti. La politica è al suo cuore, dunque, feticismo, ed è proprio nell’epoca delle comunicazioni di massa che questa sua natura può rendersi evidente nel modo più inequivocabile. […] lo spettacolo politico è reso possibile dalla ibernazione della cittadinanza divenuta passiva, ovvero «che viene attivata nella sua estranietà».
Così, un singolare nesso si ritiene sia venuto a costituirsi nelle teledemocrazie tra simboli e rituali da un lato, ed apatia dei cittadini dall’altro lato: quest’ultima viene concepita come l’esito sia della qualità della competizione politica (cioè dei suoi contenuti) che della natura del locus in cui si svolge privilegiatamente quella competizione (che poi l’ambito dei mass media).
[…] Dunque, nelle teledemocrazie, il sistema dei media costituisce l’ambito privilegiato per la costruzione dello spettacolo politico. […] comune è comunque l’opinione che siano i media a decidere cosa è importante e meritevole di essere riconosciuto come notizia politica. Per questa ragione, data l’ovvia differenza di interessi e di cultura tra chi partecipa alla costruzione delle notizie e la maggioranza degli spettatori, è plausibile che l’evento infine selezionato abbia poco o punto attinenza con l’ordine di problemi e di preoccupazione che connota la vita quotidiana di quella maggioranza.[…] In altri termini, la notizia politica assume rilievo non perchè ha un’attinenza con la vita della gente, bensì perchè essa è presentata in termini che possono suscitare l’attenzione di quest’ultima.
Generalmente, la forma stilizzata con cui la notizia politica è presentata implica tre caratteristiche basilari: la drammatizzazione, la semplificazione e la personalizzazione. I complessi processi storici, istituzionali e sociali che hanno suscitato l’evento, e che ne condizionano l’esito, vengono inevitabilmente semplificati, per essere quindi illustrati come (preferibilmente) scontro drammatico tra leader politici, come competizione aspra o astuta tra rivali pretendenti alla posizione di comando. È come se la logica radio-televisiva dei notiziari politici avesse portato alle sue conseguenze ultime la tipologia interpretativa (dell’evento politico) basata sulla coppa amico/nemico. Nei notiziari politici radio-televisivi la storia lascia il posto alla biografia, la complessità dei fenomeni politici viene sostituita dalla abilità o dalla inadempienza tattiche di un leader, la ricostruzione necessaria di un processo è declinata nei termini della narrazione di una più o meno enfatica vicenda umana. D’altronde, ai notiziari interessa di più il dinamismo che il contenuto dei programmi, la capacità di quest’ultimi di attrarre piuttosto che di spiegare, insomma lo spettacolo che l’evento consente di suscitare e non la sua informata analisi.
In conclusione, pare di poter dire che la politica è costituita da una panòplia di spettacoli diversi, che si sovrappongono e si sostituiscono in continuazione, e che in alcuni casi possono confilggere l’uno contro l’altro, Un fattore determinante per la produzione dello spettacolo è rappresnetato dai media, che attraversano la loro descrizione degli eventi catalizzano stati d’animo, attenzioni, talora sostegni e opposizioni, tra gli spettatori. In particolare, esse debbono cercare di tenere viva la tensione e, contemporaneamente, di produrre acquiescenza (verso lo «stato delle cose») tra gli spettatori. Così, attraverso lo svolgimento dello spettacolo politico, al pubblico viene ricordata la sua condizione di ininfluenza, di passività e – nel migliore dei casi – di reattività.