Milano. “La odio, quella scimmia è un grosso problema. Stai con lei così capisci cosa ho passato io”. Parole agghiaccianti, ancor più se si pensa che si tratta di una madre 29enne che parla della figlia di tre anni e mezzo, bimba a cui è stato riconosciuto un deficit cognitivo non diagnosticato. L’altro interlocutore è il padre della piccola, e anche lui non è da meno. “Allora la uccido, le metto del veleno nel cibo”. Sono una minima parte delle intercettazioni choc che hanno portato all’arresto di una coppia di 29enni, entrambi di origine egiziana e con regolare permesso di soggiorno residenti a Milano.
I due erano appena saliti assieme agli altri quattro figli su un bus che, da Milano Centrale, era diretto a Malpensa, dove avrebbero preso in serata un volo di sola andata per l’Egitto.Pianificavano di sbarazzarsi della piccola, che aveva la colpa di aver rovinato loro la vita. Lui muratore, lei casalinga, vivono in un alloggio occupato abusivamente alla periferia di Milano. “Ho fatto cose bruttissime alla scimmia, le ho pure rotto il braccio e tu lo sapevi. Portala in bagno, ora, e strangolala subito. Facciamola finita”, a parlare è la madre. Ancora lei: “L’ho picchiata a morte, lei capisce, sa tutto, ma è furba e viziata”. “Allora la uccido io”, le rispondeva il marito.
Tutto è cominciato quando il papà ha portato la bambina, con un forte e persistente dolore al braccio, in ospedale. Aveva diverse lesioni e numerose fratture pregresse ormai calcificate. “È caduta dal divano”, diceva un genitore. “È caduta dal lettino”, diceva l’altro. E invece la bimba era stata ripetutamente picchiata e maltrattata. Due giorni dopo il ricovero sono partite le indagini, con pedinamenti e intercettazioni telefoniche. E dai loro colloqui è emerso il piano della coppia, che sapeva di avere le ore contate: voleva raggiungere la figlia in ospedale per ucciderla e scappare in Egitto.
Così è intervenuto il Tribunale dei Minori, che ha tolto ai due la potestà genitoriale impedendo la visita in ospedale. Ai due non è restato che tentare la fuga. Il 31 maggio hanno spento i cellulari e spedito separatamente i bagagli a Malpensa, poi sono saliti su un pullman a Stazione Centrale. È lì che gli agenti della polizia locale li hanno fermati, con i loro quattro figli. La cosa che più ha stupito gli inquirenti è che i maltrattamenti non lasciavano segnali evidenti, tanto che la bimba – pur soggetta da tempo a quelle violenze – andava regolarmente a scuola e nessuno si era accorto di nulla. Nessun assistente sociale era stato chiamato ad occuparsi del suo caso. Ora gli inquirenti cercheranno di capire se anche gli altri figli sono stati vittime di malrattamenti.