Frattamaggiore. Una sensazionale scoperta avvenuta anche grazie alle ricerche del medico frattese Vincenzo Costanzo. Il suo nome è centromero e fino ad oggi ad oggi era una zona sconosciuta del DNA, perché difficilissimo da visualizzare. Si sapeva che si trova all’incrocio della X dei cromosomi, che ospita materiale genetico estremamente concentrato, in cui le sequenze sono altamente ripetute e che è il luogo in cui si originano molti dei tumori solidi (la maggior parte dei tumori umani) e patologie genetiche come la Sindrome di Down.
Adesso però, grazie ad uno studio condotto dall’Istituto FIRC di Oncologia molecolare di Milano (IFOM) e pubblicato in grande evidenza sulla rivista Nature Cell biology, la ricerca sul centromero fa un grande passo in avanti. Avvalendosi di sofisticate tecnologie come la proteomica e la microscopia elettronica per la prima volta viene chiarita la struttura e la composizione di questa regione cromosomica. E, soprattutto, si capisce il modo in cui il centromero si protegge dalle alterazioni genetiche che si formano durante la duplicazione dei cromosomi. S’inaugura così per il DNA una fase di conoscenza più approfondita e al tempo stesso si apre la strada per l’affinamento delle terapie chemioterapiche.
“Quando abbiamo osservato il meccanismo, dopo molti anni di ricerca, è stato un susseguirsi di “wow!”: la grande quantità di risultati inaspettati ci ha permesso di far luce sulla regione che si può chiamare la materia oscura del genoma – commenta Vincenzo Costanzo, frattese, classe ’73, laureato in Medicina e Chirurgia alla Federico II, ora impiegato all’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano e coordinatore dello studio (nella foto con Tomas Lindahl, premio Nobel per la Chimica 2015 e presidente del Consiglio Scientifico dell’IFOM) – Metà delle alterazioni cromosomiche tumorali avviene proprio nel centromero, e il nostro studio fa maggior chiarezza sul perché”.
La ricerca rivela un aspetto ancora del tutto sconosciuto di questa zona del DNA: il centromero riesce a mantenersi integro perché concentra in sé la maggior parte dei fattori di riparazione. Una “schermatura” che gli permette di silenziare il meccanismo di monitoraggio degli ostacoli naturali che le sequenze di DNA centromerico formano durante la sua replicazione. Il fenomeno descritto consente la duplicazione veloce del centromero ma di contro espone le cellule ai rischi dovuti al malfunzionamento della riparazione del DNA.
“Il fatto che il centromero non veda gli ostacoli della replicazione ma si affidi alla riparazione del DNA per porvi rimedio è stato per noi l’aspetto più sorprendente – spiega Costanzo – Questo meccanismo, se da un lato facilita la replicazione di questa regione così complessa del cromosoma, dall’altra lo espone a errori che possono facilitare la formazione di tumori”.
Il meccanismo è stato identificato grazie all’utilizzo di sofisticate tecniche di spettrometria di massa. “Siamo riusciti – spiega Angela Bachi, responsabile dell’unità di Proteomica Funzionale sempre all’IFOM – non solo a identificare ma anche a quantificare per la prima volta i fattori proteici che legano specificamente il DNA centromerico e ne forniscono quindi la schermatura.”
La scoperta potrebbe avere importanti ricadute terapeutiche. “La maggior parte dei chemioterapici agisce su meccanismi di divisione cellulare e replicazione del DNA” conclude Costanzo. “La nostra scoperta aiuta a capire come funzionano questi agenti e cosa si potrebbe fare per aumentarne l’efficacia”.
Un’altra importante patologia che potrebbe essere analizzata alla luce di questi dati è la sindrome di Down, che potrebbe dipendere da problemi di stabilità del centromero del cromosoma 21, la cui mancata disgiunzione comporta l’acquisizione di un cromosoma, che oltre a provocare ben noti problemi di sviluppo potrebbe predisporre i piccoli soggetti a sviluppare leucemie acute.
La ricerca di Costanzo e colleghi è stata condotta grazie al sostegno dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC), dell’European Research Council, di Telethon, di EPIGEN progetto Bandiera e della Fondazione Giovanni Armenise-Harvard.
In particolare, il metodo biochimico che ha reso possibile lo studio è stato messo a punto nell’ambito del grant Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard, vinto da Vincenzo Costanzo nel 2013 per aprire il suo laboratorio di Metabolismo del DNA all’IFOM, dopo aver lavorato per oltre 10 anni negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Fonte: Scienze.rai.it