Giffoni Valle Piana, uccidono panettiere e lo fanno a pezzi: condannati moglie e figlio

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La Corte d’Assise di Salerno ha emesso la sentenza di primo grado per Monica Milite e Massimiliano Palmieri, rispettivamente moglie e figlio di Ciro Palmieri, il 43enne brutalmente ucciso e fatto a pezzi il 29 luglio 2022 a Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno. La moglie è stata condannata a 18 anni di reclusione, mentre il figlio a 15 anni. Si attendono le motivazioni della sentenza, che saranno depositate tra 90 giorni. Con questa decisione, salgono a tre le condanne legate al caso: in un procedimento separato era già stato condannato il figlio minorenne della coppia.

La sentenza e le richieste della pubblica accusa

 

La sentenza è arrivata nel primo pomeriggio di ieri, dopo che i pubblici ministeri Licia Vivaldi e Stefania Faiella hanno rinunciato alle controrepliche. Gli avvocati delle parti civili, Rocco Pinto e Francesco Siniscalchi, rappresentavano rispettivamente i familiari della vittima e il figlio più piccolo della coppia. Per la difesa si sono battuti gli avvocati Francesco Saverio Dambrosio e Antonietta Cennamo, rispettivamente per Milite e Massimiliano Palmieri. La pubblica accusa aveva chiesto condanne più severe: 25 anni per Monica Milite e 22 anni per il figlio Massimiliano. Tuttavia, i giudici hanno riconosciuto attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, escludendo le ipotesi di legittima difesa e provocazione. La difesa aveva tentato di sostenere che gli imputati fossero vittime di maltrattamenti da parte di Ciro Palmieri.

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Una vicenda che sconvolse l’opinione pubblica

 

L’omicidio di Ciro Palmieri destò un enorme clamore mediatico. I familiari avevano inizialmente denunciato la scomparsa dell’uomo per depistare le indagini. Successivamente, il corpo mutilato fu ritrovato chiuso in sacchi di plastica in un’area boschiva di Giffoni. Le indagini hanno rivelato che il corpo era stato colpito con un machete, con l’arto destro staccato e le gambe gravemente danneggiate nel tentativo di occultare i resti. Decisivo per le indagini è stato un video di sorveglianza che ha incastrato i familiari, portando alla loro incriminazione. Il caso, ancora sotto i riflettori, ha scatenato un dibattito sulle dinamiche familiari e sulla natura dei rapporti all’interno del nucleo, lasciando aperti numerosi interrogativi, in particolare sul movente che ha indotto i due parenti a ucciderlo.

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