Sono trascorsi due anni dalla sentenza del Tribunale di Napoli che condannava il Ministero della Salute a risarcire, per oltre 400mila euro, alcuni familiari di un giovane di 36 anni di Giugliano morto, nel 2009, per un’epatite inguaribile contratta a seguito di alcune trasfusioni di sangue infetto eseguite agli inizi degli anni ottanta. Ad oggi, però, i parenti della vittima non hanno ancora percepito alcuna somma dal dicastero di Lungotevere Ripa.
Si prolunga quindi l’infinita battaglia civile dei familiari di A.G. – queste le sue iniziali – che a distanza di 12 anni chiedono che venga fatta giustizia. Il giovane di Giugliano è solo una delle migliaia di persone danneggiate da trasfusioni di sangue infetto a cui lo Stato non ha ancora provveduto a risarcire i danni, nonostante la condanna dei giudici. Per questo motivo il legale della famiglia, l’avvocato Piervittorio Tione, ha deciso di tentare la strada del pignoramento delle somme in possesso dell’Agenzia delle Entrate, di Poste Italiane e della Banca d’Italia e destinate al Ministero della Salute.
La storia
Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo indietro di quarant’anni. Negli anni ’80, in Italia i pazienti talassemici ed emofiliaci venivano sottoposti alle somministrazioni di emoderivati, cioè componenti del sangue utilizzati nelle trasfusioni, donati da soggetti apparentemente compatibili. Tra questi ci fu anche un bambino di 10 anni di Giugliano, affetto da emofilia fin dalla nascita, che eseguì il trattamento tra l’83 e l’84 presso l’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli.
Le trasfusioni di sangue e gli emoderivati prodotti dalle case farmaceutiche, tuttavia, anziché prevenire emorragie e gravi conseguenze delle malattie, col tempo ebbero effetti deleteri, causando danni irreversibili in migliaia di pazienti. Nel caso del bambino, i medici del nosocomio napoletano gli diagnosticarono un’infezione da epatite C, verso gli anni novanta. Ed è proprio alla fine del Ventesimo secolo che nel Paese scoppiò lo scandalo del sangue e, poco dopo, degli emoderivati infetti, alcuni dei quali provenienti dall’estero, utilizzati senza alcun controllo per fini terapeutici in tante strutture sanitarie italiane.
La vittima, ancora in vita, fece domanda per ottenere un indennizzo previsto dalla legge 210/92. La richiesta venne accolta ed accertata dalla Commissione Medica Ospedaliera, che riconobbe nella somministrazione di emoderivati la causa dell’epatopatia da virus C.
Nel frattempo le condizioni di salute di A.G peggiorarono: la cronicizzazione della malattia provocò inevitabilmente lo sviluppo della cirrosi epatica. Un calvario lungo e sofferente, che culminò con il decesso del giovane nel 2009. Il dolore incancellabile per la perdita del 36enne e la ricerca della verità sulla sua morte spinsero madre e fratelli ad ingaggiare una battaglia legale contro le istituzioni per accertarne eventuali responsabilità.
La condanna
La famiglia del giovane, difesa dall’avvocato Piervittorio Tione, citò così in giudizio il Ministero della Salute per ottenere il risarcimento dei danni morali. La svolta arrivò soltanto nel 2019. Il Tribunale di Napoli riconobbe il Ministero della Salute colpevole e lo condannò al pagamento, a favore dei familiari, di oltre 400mila euro. Soldi fino ad oggi mai arrivati alla famiglia del 36enne.
Il pignoramento
Ora i parenti del giovane, assistiti dal loro legale, avvieranno come procedura esecutiva il cosiddetto pignoramento presso terzi, con la speranza di ottenere il risarcimento dallo Stato. In particolare, come riferito dal legale, verranno pignorate le eventuali somme che l’Agenzia delle Entrate-Riscossioni, Poste Italiane, la Banca d’Italia hanno in cassa e che debbono trasferire al Ministero della Salute.
Ma ad esser pignorate saranno anche l’AIFA ed alcune note aziende farmaceutiche internazionali (tra cui la Pfizer, già al centro dell’attenzione mediatica per la questione vaccini anti COVID-19) che potrebbero “detenere” somme in nome e per conto del Ministero della Salute. Se l’istanza venisse accolta, potrebbe concludersi per i familiari di A.G. un lungo e sofferente capitolo di una vicenda che affonda le sue radici in una delle pagine più tristi della recente storia d’Italia.