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Gli orrori di Sant’Arpino, bimbo costretto a mangiare “pasta e sangue” e messo a testa in giù

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Emergono dettagli raccapriccianti dall’orrore di Sant’Arpino che vede vittima un bimbo di 5 anni, pestato di botte e insultato dalla mamma e dallo zio. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere ai danni del 34enne e della trentenne mostra uno scenario di violenza inaudita nei confronti del piccolo. A raccontarlo è il quotidiano La Repubblica.

Bimbo pestato a Sant’Arpino, testa nel piatto

Tutto è partito dalla denuncia delle due maestre, che ogni giorno notavano sul corpo del piccolo lividi ed escoriazioni, maldestramente nascoste con del fondotinta. Dopo la denuncia sporta dalle insegnanti, i carabinieri della Compagnia di Marcianise guidati dal capitano Luca d’Alessandro hanno deciso di installare delle telecamere nascoste nella casa degli orrori. Le immagini hanno ripreso uno scenario terrificante. In uno dei tanti episodi di violenza, il bimbo è a tavola. Viene colpito così forte con una mazza da scopa che sprizza sangue dal naso. Il liquido ematico finisce nel piatto di pasta che sta mangiando. I parenti gli afferrano la testa e gliela sbattono nel piatto sporco obbligandolo a mangiare.

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A testa in giù e insulti: “Sei un down”

In un altro episodio, il bimbo viene prima preso a botte con una scopa, poi afferrato per le caviglie dallo zio, un uomo di 120 chili. Infine viene fatto penzolare a testa in giù nel vuoto e minacciato di morte: “Ti uccido. Non arriverai a domani”. Il rosario di violenze quotidiane si arricchisce anche di minacce e insulti. “Mongoloide”, “down”, viene chiamato il piccolo. I sospetti sono nati a scuola, a settembre, quando il bimbo torna con vistosi graffi sul collo e lividi sulle braccia.

Le maestre vogliono vederci chiaro, intuiscono che tra le mura della sua abitazione, un appartamento Iacp di Sant’Arpino, si consuma uno scenario di violenza domestica. Per sviare i sospetti, la mamma della vittima aveva provato a fare ricorso a del fondotinta per nascondere le ferite. Non basta, però, a spegnere le preoccupazioni delle due insegnanti. Ora il bimbo è affidato a una zia, sorella della madre. Dovrà superare i traumi subiti. Per la mamma e lo zio orco – entrambi percepiscono il reddito di cittadinanza – si aprono invece le porte del carcere in attesa del processo.

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