Il Csm: “Togliere i figli ai clan. Adolescenza negata per logiche criminali”

“È stata approvata all’unanimità nel corso del Plenum di questa mattina, la risoluzione della Sesta Commissione del CSM (relatori i Consiglieri Ercole Aprile e Antonio Ardituro), in materia di tutela dei minori nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata. La risoluzione, che nasce dallo studio del tema della tutela dei minori di mafia e del fenomeno delle paranze dei bambini, recepisce e valorizza gli interventi del giudice minorile per l’emanazione di provvedimenti volti a togliere o limitare la responsabilità genitoriale, qualora il giudice ritenga che la condotta malavitosa del genitore possa cagionare un danno al regolare sviluppo psico-fisico del minore”, nello stesso modo in cui si interviene, per esempio, per i genitori alcolisti o tossicodipendenti. L’approfondimento consiliare nasce dall’analisi del lavoro svolto negli ultimi anni dagli uffici minorili maggiormente impegnati su questo fronte, in particolare quelli di Reggio Calabria, Napoli e Catania, dove si è constatato che nella prassi si è sempre più affermato l’utilizzo di provvedimenti di decadenza o limitazione della potestà genitoriale, fino ad arrivare alla dichiarazione di adottabilità”. Lo comunica, in una nota, il Consiglio superiore della Magistratura.

“La famiglia mafiosa – si legge nella delibera della Sesta Commissione – agendo in spregio ai propri doveri di educazione e salvaguardia del minore, finisce per essere una ‘famiglia maltrattante, nei cui confronti deve essere operata una vera e propria censura”. “L’intento della risoluzione consiliare – prosegue la nota – è quello di diffondere e valorizzare le esperienze positive messe in campo contro le attività criminali con una forte connotazione familiare, che spesso negano l’adolescenza ai propri figli inserendoli sin dalla tenera età nelle dinamiche criminose dell’associazione mafiosa. Sarà il singolo giudice minorile a “valutare attentamente il caso concreto” esaminando anche l’ampio contesto territoriale e sociale in cui la famiglia del minore è inserita. L’intervento del giudice dei minori si rende necessario “nei casi di diretto utilizzo dei minorenni negli affari illeciti familiari; esposizione dei figli all’uso di armi e ad attività delinquenziali; assenza educativa per latitanza o lunga detenzione di uno o di entrambi i genitori; appartenenza di uno o di entrambi i genitori a sodalizi mafiosi”. Per il recupero dei minori si ricorda che è essenziale anche un’efficace azione da parte dei servizi minorili e dei servizi sociali. La delibera suggerisce anche un riassetto normativo e un coordinamento tra Uffici giudiziari che supporti l’applicazione di queste misure, rendendone più efficace ed effettiva l’applicazione e che investa anche il diritto penale sostanziale (prevedendo la trasmissione degli atti dal giudice penale a quello minorile in caso di condanna per reati di mafia, per l’adozione dei provvedimenti sulla potestà genitoriale ) e processuale (laddove si prevede ora l’affidamento alla famiglia anche di minori che abbiano commesso gravi reati, così alimentando il circuito vizioso familiare). Infine, si invita il Ministro della Giustizia ad “attivare percorsi di assistenza psicologica e di valutazione/recupero delle competenze genitoriali dei genitori detenuti” e la Scuola Superiore della Magistratura ad organizzare specifiche iniziative di formazione su questi temi. La Risoluzione, che sarà trasmessa ai Presidenti delle Camera, della Commissione Antimafia, al Ministro della Giustizia, al Procuratore Generale della Cassazione, al Procuratore Nazionale Antimafia, alla Scuola Superiore e ai Capi degli Uffici, auspica una tutela effettiva anche per i figli minori di testimoni e collaboratori di giustizia, attraverso protocolli di collaborazione fra i diversi uffici giudiziari coinvolti”.

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