La Minerva dà voce a “I violenti”, l’inedita raccolta dannunziana curata da Tobia Iodice

Giugliano. Si è tenuta giovedì 27 la presentazione del libro “I violenti” , una raccolta inedita di sei novelle di D’Annunzio concepite e pubblicate a Napoli nel 1892, periodo in cui il poeta abruzzese sostò nel nostro capoluogo. L’antologia è curata e commentata da Tobia Iodice, vicepresidente della pro loco di Giugliano e figura intellettuale della città.  Alla serata, organizzata dall’Associazione culturale Minerva, erano presenti anche Rita Sciorio, Bianca Granata, presidente dell’Associazione e il colonnello dei Carabinieri Luigi Coltellessa che hanno commentato ed elogiato il lavoro scrupoloso ed estremamente appassionato del curatore.

Professor Iodice, lei ha curato e commentato queste sei novelle d’annunziane, cosa ne pensa?

“Sono sei novelle di straordinaria modernità, perché D’Annunzio riflette sul tema della violenza e lo declina e lo stigmatizza in due forme diverse: la violenza intesa come momento barbarico, come espressione ed esplosione di valori primordiali e la violenza in nome della divinità, da condannare senza se e senza ma.”

Di queste sei opere quale le è piaciuta maggiormente?

“La prima di questa antologia che si intitola “La morte del duca D’Ofena”, perché D’Annunzio, come sempre contemporaneo al futuro, racconta la storia di una violenza contro un feudatario, il duca appunto, che viene condannato e bruciato vivo poiché erano oppressi dalle sue tasse ma anche perché amava di tristo amore, di amore omosessuale il suo valletto. E anche in questo c’è la modernità di D’Annunzio: punire la condanna che si fa dell’amore di qualunque tipo.”

Da cosa scaturisce esattamente questa sua passione per D’Annunzio?

“Il vate, dice chi lo conosce, dà dipendenza, è ipnotico per ciò che scrive, per l’attenzione e la cura che mette in tutto ciò che fa e questo mi ha rapito negli anni del liceo e non mi ha più lasciato.”

C’è qualche altro poeta, più contemporaneo, che apprezza in particolar modo?

“Forse Eugenio Montale che di D’Annunzio fu un grande conoscitore ed estimatore. Montale diceva che “Ossi di Seppia” e “Le occasioni”, che sono due delle sue raccolte più importanti, non si sarebbero potute scrivere se prima non ci fossero state le Laudi di D’Annunzio che aveva avuto il merito di trasferire in poesia la natura. Tutti quelli dopo di lui hanno dovuto attingere al suo vocabolario.”

Ha altri progetti in mente?

“Nelle prossime settimane dovrebbe uscire un mio contributo all’interno di un’opera collettiva, dedicato al rapporto tra la prima guerra mondiale e gli intellettuali. Sarà un altro contributo su D’Annunzio e affronterà il tema dell’interventismo dello scrittore nelle ultime opere del periodo francese, quando, prima di tornare in Italia, analizzò il conflitto e, a differenza di quello che si crede, non applaudì alla guerra ma la considerò un male necessario.”

Di Federica Iodice

Ti potrebbe interessare

Torna in alto