La vicenda di Giulia ci ha scosso, ci ha turbato. Come un macigno ha lacerato le nostre giornate. Le parole della sorella hanno giustamente ricordato a tutti una triste realtà. La società patriarcale.
Chi vive come me nell’area Nord è cresciuto con decine di esempi negativi. Il disagio sociale, la mancanza di cultura, la mentalità camorristica: sono fattori che rendono ancora più marcato il divario tra uomo e donna.
Cresciamo con l’idea che l’uomo deve comandare, l’uomo deve portare in casa i pantaloni. L’uomo non deve permettere alla donna di mettergli i piedi in testa.
L’idea del possesso del partner è ancora ben radicata: conosco ragazze che hanno bisogno del consenso del fidanzato per uscire con le amiche o peggio ancora per lavorare. Una volta una giovane durante una trasmissione arrivò a chiedere: “Come convinco il mio ragazzo a farmi prendere la patente”.
Nel mondo politico e nel lavoro le donne faticano a farsi strada. Quelle che ci provano trovano davanti a loro un percorso ad ostacoli difficilmente superabile. Devono vivere tra gli uomini ed ogni occasione è buona per metterle addosso etichette o dicerie. Ci sono rare eccezioni ma in area Nord il mondo della politica, delle professioni, dell’economia è ancora un mondo di soli uomini.
La doppia preferenza uomo o donna alle elezioni comunali da un lato ha favorito la presenza femminile ma dall’altro ha creato dei mostri: politici hanno candidato mogli e sorelle come loro diretta emanazione, burattini a rappresentarli e farne le veci.
Basta spesso sostare fuori ad un bar o partecipare ad un evento pubblico per capire di cosa parliamo. Quasi sempre ci sono solo uomini. La domenica mattina ad esclusione di alcuni luoghi frequentati dai più giovani la maggior parte dei ritrovi sono popolati solo da maschi con l’altro sesso relegato a casa in cucina.
Qui non è un discorso di parità dei sessi, parità di diritti, qui è molto peggio, qui parliamo di una cultura della sopraffazione. Di donne zittite, messe da parte, umiliate nel quotidiano.
Lo dicono gli indicatori delle donne al lavoro o di quelle che completano gli studi universitari. Lo dice l’esperienza pratica di chi vive tutti i giorni determinati contesti. La disoccupazione femminile è il doppio di quella maschile. In tante famiglie le ragazze vengono cresciute con l’idea che il loro unico obiettivo nella vita deve essere quello di sposarsi. Quando sono in strada con le colleghe, giornaliste professioniste affermate ancora in tanti le chiamano “signorine”.
In area Nord c’è tantissimo da fare: lavorare nelle scuole, cambiare il nostro linguaggio, modificare usi e costumi. Vogliamo fare un esempio? Capita ancora che ai funerali donne e uomini si dividono i banchi della chiesa. Perché? Che senso ha in momento così triste separare mogli e mariti? Fratelli e sorelle? Ancora tante strutture sociali prevedono l’accesso solo agli uomini: immagino le congreghe così come i circoli ricreativi.
Ieri l’Italia è scesa in piazza per dire basta alla violenza sulle donne. Questa settimana avremmo tante iniziative e manifestazioni. Non sprechiamole con le solite frasi fatte o i discorsi sentiti milioni di volte.
Se il patriarcato in Italia esiste, nell’area Nord ha uno dei suoi regni. Delle sue roccaforti. È ora di espugnarlo. Per Giulia, per tutte le altre.