Da ieri l’autonomia differenziata, cavallo di battaglia delle ultime campagne elettorali della Lega, è diventata legge. Dopo una maratona parlamentare durata fino a notte fonda, il provvedimento promosso dalla maggioranza che rivede il meccanismo di assegnazione delle competenze previste dall’articolo 116 del Titolo V della Costituzione è stato approvato, scatenando rabbia e indignazione da parte di istituzioni, associazioni ed enti locali.
L’autonomia differenziata, come funziona
Tutte le regioni possono richiedere autonomia su alcune o su tutte le 23 materie di competenza “concorrente”, comprese la tutela della salute, l’istruzione, l’ambiente, lo sport, l’energia, i trasporti, la cultura, il commercio estero. Quattordici di queste materie, che riguardano diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (come salute o studio) devono rispondere ai cosiddetti Lep, cioè i Livelli essenziali di prestazione. Vale a dire che dovrà essere stabilito il grado minimo di servizi da rendere al cittadino in maniera uniforme in tutto il territorio, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Le altre materie, invece, possono essere trasferite direttamente, salvo però il potere dello Stato di sostituirsi, in funzione sussidiaria, agli enti inadempienti o qualora sia a rischio la sicurezza pubblica o l’unità giuridica o economica del Paese (si tratta dei rapporti internazionali e con la Ue delle Regioni; del commercio con l’estero; le professioni; la protezione civile; la previdenza complementare e integrativa; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; le casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario).
Il trasferimento delle competenze
Così come prevede l’art. 4 della legge approvata in Parlamento, il trasferimento alle Regioni delle materie avverrà solo dopo la determinazione dei Lep anche nelle Regioni che non hanno richiesto l’autonomia e sulla base delle risorse disponibili in legge di bilancio. Altrimenti la competenza non verrà trasferita. Sarà una squadra di ministri competenti presso il ministero degli Affari regionali guidato da Roberto Calderoli a fare una ricognizione complessiva su materie e criteri Lep che devono essere garantiti in tutto il Paese. Resta aperto il discorso di dove reperire le risorse necessarie a finanziare il mantenimento dei Lep in modo uniforme su tutto il Paese.
Come si stabiliscono i Lep
I Lep saranno stabiliti con uno o più decreti legislativi (atti-delega del Parlamento al Governo). Il governo ha 24 mesi di tempo per farlo. Sono 5 i mesi che hanno Stato e Regioni per trovare l’accordo.
Il nodo: il gettito fiscale
Il nodo della riforma è anche economico. Il trasferimento di una competenza comporta infatti la possibilità da parte della Regione assegnataria di trattenere parte del gettito fiscale generato sul territorio per finanziare servizi e funzioni annessi a quella competenza. Di fatto le regioni autonome, a cui è stata ad esempio devoluta la competenza della tutela della salute, avrà più risorse per finanziare strutture ospedaliere e trattamenti sanitari per i propri cittadini.
Cittadini di serie A e di serie B?
La conseguenza, secondo i detrattori della riforma, sarà l’istituzione di una cittadinanza di serie A e di serie B: un cittadino veneto o lombardo avrà più servizi di un cittadino campano o siciliano. Il cittadino campano – come in parte già accade oggi – sarà spinto a cambiare residenza nelle regioni che offrono servizi migliori perché meglio finanziati.
Insegnanti, medici e infermieri verso il Nord?
La legge sull’autonomia permetterà alle regioni più ricche che trattengono parte del gettito fiscale destinato a sostenere le funzioni assegnate di “differenziare” anche i trattamenti economici per i propri dipendenti pubblici, offrendo così retribuzioni più alte per i propri medici, infermieri o per i propri insegnanti, a seconda che la competenza trasferita riguardi il diritto alla salute o la pubblica istruzione. Condizioni che, se tradotte in decreti attuativi, alimenteranno ancora di più la diaspora dei laureati e dei giovani dal Sud verso le regioni più ricche, con un impoverimento di competenze e di qualità nei servizi nelle regioni del Mezzogiorno.