Il giro d’affari fruttava poco più di 400 mila euro al mese, per la sola piazza di spaccio gestita da Andrea Castello, il 31enne giustiziato e ritrovato venerdì scorso nei pressi di una discarica a Casandrino. Era ed è attualmente uno dei market della droga più fiorenti di Melito, quello a due passi dalla circumvallazione esterna e dal deposito della Iveco. Il controllo di quel lembo di terra gli era stato affidato da Mario Riccio, il giovane e spietato boss agli arresti da qualche tempo, che poco meno di due anni fa aveva costituito la cellula scissionista della città di Marano. Un business che Andrea e il suo amico di sempre, Antonio Ruggiero, il 30 enne sparito dalla circolazione ormai da una settimana, avevano continuato a difendere con le unghie e con i denti, anche dopo la cattura di “Mariano” e nonostante gli “inviti” ad abbassare le pretese. I due non si sarebbero accontentati né di Mugnano, dove fino a pochi giorni fa operavano altri pusher nati e cresciuti a Marano, né tantomeno di una delle fiorenti piazze di Melito. Nessun passo indietro, nessun timore. Si sentivano al sicuro, protetti, inattaccabili. E assieme ad altri – secondo le ultime ipotesi investigative – avevano progettato uno sconfinamento in altre zone di Melito, da sempre sotto la giurisdizione degli Amato-Pagano o degli altri clan protagonisti della faida di Scampia. Sarebbero stati puniti anche per questo motivo, forse per la loro bramosia, inaffidabilità o per la loro sete di potere e soldi. Un fiume di denaro che, da circa due anni, era assicurato non solo dalle principali piazze di Melito (deposito Iveco e case popolari), ma anche da quelle di Mugnano e Marano, queste ultime perlopiù itineranti. In pratica le richieste agli spacciatori arrivavano – attraverso segnali in codice – direttamente via telefono e così, di volta in volta, venivano fissati anche i luoghi e gli orari per le relative consegne. Un modo sì rischioso, ma ritenuto ad ogni modo decisamente più sicuro rispetto al sistema stanziale.