Il fondatore della Lega Nord condannato per le irregolarità nell’utilizzo di fondi pubblici. Un anno e sei mesi al figlio Renzo Bossi e due anni e sei mesi l’ex tesoriere Francesco Belsi.
Umberto Bossi si appropriò indebitamente dei fondi del partito che aveva creato, autorizzandone l’utilizzo per fini che nulla avevano a che fare con l’attività politica. Per questo il Senatùr viene condannato oggi a due anni e tre mesi di carcere per appropriazione indebita; insieme a lui viene condannato a un anno e sei mesi il figlio Renzo, (l’altro figlio, Riccardo, aveva già patteggiato un anno e otto mesi di carcere); condanna a due anni e sei mesi anche per Francesco Belsito, per anni tesoriere del Carroccio, l’uomo che con i suoi investimenti in diamanti e con i suoi contatti con ambienti malavitosi aveva aperto gli scenari più cupi dell’indagine sulla Lega.
A riassumere l’utilizzo illecito dei fondi, la famosa cartelletta “Family” sequestrata durante le indagini dal pm Paolo Filippini, in cui erano citati con ampiezza di dettagli i versamenti a favore dei parenti di Bossi: Si tratta di vicende accadute dopo l’ictus che colpì nel 2004 il politico di Cassano Magnago, in anni in cui secondo più di un testimone il controllo di Bossi su quanto accadeva intorno a lui era assai scemato. Ma nel corso del processo Bossi non ha mai accampato le proprie difficoltà di salute come giustificazione.
A Bossi la procura contestava complessivamente 208mila euro di appropriazioni, mentre a suo figlio Renzo venivano addebitati prelievi dalla cassa leghista per 145mila euro, di cui 77mila utilizzati per comprare la laurea in Albania. Durante la sua arringa difensiva, il legale di Bossi ha sostenuto che non avendo un partito politico personalità giuridica non può essere vittima del reato di appropriazione indebita: Bossi utilizzava fondi che appartenevano di fatto all’intera collettività dei leghisti, e quindi almeno in parte a lui stesso. Ma la tesi non ha fatto breccia nel giudice.