Polverino e Simeoli, le rivelazioni choc dei pentiti

Dalle 200 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Raffaele Piccirillo, che hanno portato agli arresti dei tre componenti della famiglia Simeoli, emerge tutto lo spaccato (tra curiosità e fatti di enorme rilevanza) dei rapporti criminali e politici gestiti a Marano dal clan Polverino.  Sono sei i collaboratori di giustizia (Massimo Tipaldi, Salvatore Izzo, Domenico Verde, Roberto Perrone, Biagio Di Lanno e Gaetano D’Ausilio) che, nel corso degli anni, hanno svelato le trame e i retroscena relativi all’organizzazione criminale che fa capo a Peppe ‘o barone, ivi compresi i rapporti intessuti con la famiglia Simeoli. I magistrati della Dda di Napoli, oltre all’arresto dei tre Simeoli, avevano chiesto la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti di tre dipendenti del Comune e di un ex dirigente dell’ufficio tecnico. Richiesta rigettata dal Gip Piccirillo. Al centro dell’indagine anche alcuni professionisti, ingegneri e architetti, che nel corso degli anni hanno intessuto rapporti con i Simeoli. Di seguito alcuni estratti contenuti nell’ordinanza.

 

Nell’interrogatorio del 11 gennaio del 2010 il collaboratore di giustizia Domenico Verde riferisce che tra Polverino Giuseppe e i clan di Secondigliano “vi è addirittura un rapporto strettissimo, ma in ogni caso posso dire che i rapporti sono buoni con molti clan. A livello nazionale il Polverino mi ha riferito di suoi rapporti privilegiati con la mafia palermitana”.

Il pentito Biagio di Lanno si sofferma sul sequestro di 1700 chilogrammi di hashish avvenuto a Volla, presso il mercato ortofrutticolo nel maggio 2010. “Questo carico proveniva da Almeria e il camion era pieno di melanzane. Il camion doveva arrivare al mercato ortofrutticolo di Volla, da noi utilizzato in varie circostanze per scaricare la droga”.

 

Nell’interrogatorio del 29 novembre 1999 il collaboratore di giustizia Massimo Tipaldi riferiva di un “pestaggio dei gestori di una macelleria, puniti da omissis per aver opposto un rifiuto ad una delle sorelle di Giuseppe Polverino, che aveva loro proposto di rifornirsi presso il suo ingrosso carni”.

 

 

In uno dei passaggi degli interrogatori del pentito Domenico Verde emerge l’importanza del ruolo di Cerullo Sabatino, già agli arresti. “Devo specificare che Sabatino Cerullo ha conoscenze dirette con persone dell’amministrazione comunale di Marano; tali contatti gli sono preziosi per lo svolgimento dell’attività estorsiva. E notorio che il Comune di Marano è in mano alla criminalità organizzata”

 

Nel 2009 l’incontro tra “Ciaulone” e Peppe ‘o barone. In quell’occasione Giuseppe Polverino, racconta uno dei pentiti, avrebbe “picchiato Antonio Simeoli, perché questi non stava gestendo bene i soldi investiti nel settore edile”.

 

Roberto Perrone, dichiarazioni del 2012: “Già alla metà degli anni Novanta l’ufficio tecnico del Comune di Marano veniva sostanzialmente gestito dal clan Polverino”.

 

Sempre Perrone, in un’altra dichiarazione, fa riferimento ai “rapporti privilegiati tra i Simeoli e alcuni dipendenti dell’ufficio tecnico e un importante ingegnere di Marano”.

 

Concentrandosi sull’ambito campano il pentito Salvatore Izzo riferisce di alcune ditte, “anche di grosse dimensioni, che sono interamente finanziate da Polverino Giuseppe”, menzionando le imprese facenti capo a “Simeoli Angelo detto “Bastone”, e Simeoli Antonio detto Ciaulone”.

 

Dall’anno 2008 in poi, riferisce il pentito Roberto Perrone, oltre ai Simeoli, sono legati al clan altri costruttori”.

 

Ancora dichiarazioni di Perrone: “Simeoli Benedetto, figlio di Antonio, è il più addentro agli affari del clan”.

 

Dichiarazioni del 3 novembre 2010: “Le lamentele di Polverino Giuseppe erano dovute ai danni economici subiti in forza dei sequestri operati contro i Simeoli. Erano frequenti e risalivano tutti a una causa: allorquando Polverino Giuseppe era detenuto i suoi soldi furono gestiti da zio omissis, quest’ultimo aveva affidato gran parte dei dei fondi a Simeoli Angelo e Simeoli Antonio, affinché li riciclassero nel settore immobiliare”.

 

Nell’interrogatorio del 7 maggio 1999 il pentito Massimo Tipaldi riferisce “che le banche di Marano sono controllate dalla mafia locale, due in particolare”.

 

 

Nell’interrogatorio del 20 novembre 1999 Massimo Tipaldi precisa che “Armando Orlando, detto ‘o “Tamarro”, è proprietario di un albergo a Cuba, dove nel 1996/97 soggiornava Giuseppe Polverino. E’ risaputo nel nostro ambiente che Armando Orlando cammina a braccetto con Fidel Castro”.

 

In un altro interrogatorio il pentito Domenico Verde dichiara che “la mancata diversificazione dei canali di reinvestimento aveva fatto si che il solo Antonio Simeoli dovesse a Giuseppe Polverino ben 11 milioni di euro, che ancora gli deve”.

 

Secondo il pentito Massimo Tipaldi, i “Simeoli non operano soltanto nel settore edile. A Marano la loro influenza è fortissima in tutto ciò che riguarda “le scelte politiche e l’assunzione illecita di persone”.

 

Il pentito Biagio Di Lanno riferisce di “aver assistito, nell’estate del 2006, a un convegno tenutosi negli uffici della Sime costruzioni, a cui partecipavano il consigliere comunale…. omissis……. e due marescialli dell’Arma”. E ancora: “Simeoli Antonio gestisce il consigliere comunale …..omissis… nel senso che è stato eletto con i voti del clan e pertanto è a disposizione del clan”.

 

In un altro passaggio contenuto nell’ordinanza si fa riferimento anche un altro politico di Marano, anche’egli – secondo il racconto di alcuni pentiti – legato al clan della Montagna, e ad alcuni esponenti dell’Arma dei carabinieri.

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