L’ennesimo tsunami giudiziario si è abbattuto ieri sulla città di Marano. Un unico filone, quello partito nell’autunno del 2013 e che portò in carcere i colletti bianchi della camorra maranese: Antonio, Luigi e Benedetto Simeoli, tutti ritenuti affiliati al clan Polverino. Accanto ai tre, dietro le sbarre lo scorso 23 ottobre e tutti esponenti di quell’imprenditoria d’assalto che, tra gli anni Ottanta e Novanta, ha imposto il proprio monopolio su un territorio già fortemente segnato dalla presenza criminale, se n’è aggiunto un altro: Domenico Simeoli, figlio di Antonio (alias “Ciaulone”) e fratello minore di Luigi e Benedetto, finito ieri agli arresti domiciliari. Quattro ordinanze di custodia cautelare, quelle emesse dalla Procura, e sequestri a società edili e negozi formalmente intestati a prestanome ma di fatto riconducibili alla famiglia Simeoli.
Il vicepresidente del Consiglio regionale. Tra queste, anche la società (Edil San Rocco srl) di cui è amministratore unico il vicepresidente del Consiglio regionale Biagio Iacolare, 52 anni, maranese doc, leader indiscusso dell’Udc locale e politico che, per oltre un decennio, ha imposto il suo marchio di fabbrica nella politica cittadina. Il nome di Iacolare – che compare più volte nelle 400 pagine dell’ordinanza diramata ieri e che risulta essere indagato – era stato tirato in ballo la prima volta dal pentito Biagio Di Lanno, che riferì ai giudici degli “incontri, risalenti al 2006, tra “Ciaulone” e lo stesso Iacolare”.
Le intercettazioni ambientali. Un rapporto strettissimo che si sarebbe però deteriorato negli ultimi anni. Emblematica appare in tal senso una delle intercettazioni attribuita ad Antonio Simeoli: “Ci ho solo rimesso, lo sto ancora dando a mangiare a Biagio”. In un’altra intercettazione, invece, il figlio Benedetto fa riferimento – con atteggiamento stizzito – all’attuale abitazione in cui risiede Iacolare: “Quella casa è innanzitutto nostra, non è certo la sua: lui è un ospite”. Ma nella vicenda entra anche, seppur indirettamente, un altro noto esponente politico: Michele Schiano di Visconti (non è indagato), consigliere regionale e presidente della Commissione Sanità, nonché ex sindaco di Qualiano. E’ a lui, nel corso di un colloquio in carcere con i familiari e in riferimento alle condizioni di salute del padre, che Benedetto Simeoli suggerisce di rivolgersi, “per far sottoporre il familiare a una perizia psichiatrica”: “Dovete andare da lui, tramite Biagio. Tutti i medici della Campania dipendono da lui”.
I nuovi collaboratori di giustizia. Il “sistema” maranese, svelato anche grazie alla collaborazione di numerosi pentiti, gli ultimi in ordine cronologico sono Giuliano Pirozzi, Salvatore Lo Russo (la nipote è sposata con Domenico Simeoli) e Antonio Zaccaro, si sta dunque sgretolando pezzo dopo pezzo. Da un lato il braccio il braccio armato del clan e quello impegnato sul fronte dei traffici di stupefacenti, saldamente nelle mani di Giuseppe Polverino (‘o barone), dall’altro il ramo imprenditoriale, quello che – secondo i magistrati – riciclava e investiva i soldi del clan in attività edilizie e in altri settori commerciali, non disdegnando puntate nel business della droga. Una cupola con finalità mafiose che si avvaleva – specie per gli aspetti di carattere urbanistico – del supporto di ex funzionari e attuali tecnici del Comune (tutti indagati) e di noti esponenti politici del territorio.
Le società sequestrate. L’operazione di ieri, attuata dal nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli e dalla Guardia di finanza, segue di qualche settimana quella che portò al sequestro di decine di beni e società edilizie sempre riconducibili ai Simeoli, ma ora si arricchisce di ulteriori elementi. Sotto chiave sono finiti infatti un supermercato (Carrefour), l’antica tabaccheria di piazza del Plebiscito, la cooperativa Il Tulipano, la cooperativa la Gianna, l’impresa Esi srl, l’impresa New beer sas, la cooperativa Sole, l’impresa Athera e la Bulding and service, tutte amministrate o gestite da insospettabili e per un valore complessivo di 30 milioni di euro.
Il tribunale del Riesame. Per i Simeoli si tratta dell’ennesima mazzata giudiziaria, che arriva a pochi giorni dal no del Riesame: i giudici – chiamati ad esprimersi dopo un pronunciamento della Corte di Cassazione – hanno respinto la richiesta di scarcerazione o di attenuazione della misura cautelare.