Gli operatori sociali che assicurano l’assistenza domiciliare ai disabili sono senza stipendio. Da mesi decine di addetti all’assistenza, perlopiù impiegati nelle cooperative sociali “Ursa major” e “Il Pellicano”, non percepiscono alcun compenso ed è per questo che ieri, al culmine dell’esasperazione, hanno inscenato una clamorosa protesta al Comune. “Sono mesi che non percepiamo gli stipendi poiché da mesi, ben 9, alle cooperative sociali non vengono liquidate i fondi a loro dovute – sostengono le operatrici sociali – Vantano crediti dal Comune per centinaia di migliaia di euro. Il pagamento dei nostri emolumenti è legato allo sblocco di quelle somme”.
Fondi della legge 328, stanziati dalla Regione e poi gestiti dai comuni capofila degli ambiti di zona. La legge stabilisce infatti la creazione di ambiti territoriali, costituiti da comuni associati tra di loro, che si occupano di redigere piani per la programmazione e il coordinamento dei servizi sociali per anziani, disabili e altre categorie svantaggiate. Ed è proprio la rimodulazione di uno di questi ambiti, un tempo coordinato dal Comune di Giugliano ma da qualche mese sotto l’egida dell’ente comunale di Marano (Ambito territoriale Marano-Quarto), tra i motivi alla base degli intoppi burocratici che hanno determinato, tra l’altro, il ritardo nei pagamenti alle cooperative. Una delegazione di manifestanti è stata ricevuta dal vicesindaco Giaccio. Dal Comune è arrivata la rassicurazione che, nell’arco di una ventina di giorni, si provvederà alla liquidazione delle somme di competenza dell’Ente. Per quel concerne le restanti cifre, quelle a carico del Comune di Giugliano, si potrà invece fare ben poco. Parziali giustificazioni e rassicurazioni che non placano le proteste.
“Lavoriamo a stretto contatto con persone affette da disabilità grave – aggiungono le operatrici – Se dovessimo incrociare le braccia, ne deriverebbe il caos e problemi di non poco conto per persone che già vivono in una condizione di estremo disagio. Non ce la sentiamo di abbandonarli, ma è pur vero che non possiamo più andare avanti in questo modo. Il nostro è un lavoro duro, ricompensato tra l’altro con poche centinaia di euro al mese”. La protesta potrebbe dilagare se i patti non saranno rispettati.