Napoli, la storia di Mallo finisce in carcere: dalla guerra ai Lo Russo al sogno della grande alleanza

Durissima batosta per Walter Mallo. Il Tribunale di Napoli lo condanna a 16 anni di detenzione perché riconosciuto “capo e promotore” di un gruppo camorristico operante nel rione Don Guanella. Finisce qui, dunque, l’avventura del baby-boss 28enne arrestato nel maggio 2016 dai Carabinieri e dalla Squadra Mobile di Napoli insieme a due giovani fedelissimi, Vincenzo Danise e Paolo Russo.

Mallo, tra il 2015 e il 2016, aveva seminato il panico tra Miano e Scampia a colpi di stese e aveva dichiarato guerra ai “Lo Russo”, storica cosca egemone a nord di Napoli. In gioco la gestione degli affari illeciti. Arrestato la prima volta nel 2009, all’età di 19 anni, nel corso di un’operazione antidroga della polizia in via Labriola, il 28enne si era messo alla guida di un gruppo di fuoco nato come costola autonoman del clan Licciardi di Secondigliano.

La miccia che determinò il suo ingresso nella faida di camorra fu la cacciata dal Rione Sanità e di alcuni suoi fedelissimi da parte del clan Vastarella. Il baby-boss si insediò in esilio volontario nel rione Don Guanella e da lì cercò di ricavarsi fette di autonomia nella compagine criminale sfidando il clan storico dei “Capitoni”. Dietro l’uccisione di Aniello di Napoli, 46 anni, avvenuto a Piscinola, ci sarebbe la mano del suo gruppo. Così come dietro diversissime “stese” consumate lungo i vicoli tra Miano e Secondigliano.

Un clima di terrore che avrebbe portato gli affiliati dei Lo Russo ad abbandonare il quartiere di Miano per paura di altri attentati ed agguati. Un clima alimentato anche dall’agguato omicida a cui lo stesso Mallo era riuscito a sfuggire sulla tangenziale di Napoli. Ma le ambizioni del 28enne andavano oltre Miano e la Sanità. Il suo scopo era creare una rete di alleanze da siglare anche in provincia. A Frattamaggiore come a Villaricca.  A Villaricca, in particolare, aveva stretto rapporti con i Ferrara-Cacciapuoti. Come primo atto, Mallo e il 26enne Domenico Cacciapuoti, nipote del boss, avevano messo sotto pressione il titolare di un bar chiedendo 70mila euro. Il suo sogno di potere però è naufragato dietro le sbarre del carcere di Poggioreale.

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