Napoli, omicidio di Arcangelo. Il giallo dell’arma: “Improbabile trovarla per caso su uno pneumatico”

Secondo il Gip Maria Gabriella Iagulli, Renato Caiafa mente. Almeno per quanto riguarda il casuale ritrovamento della pistola che ha ucciso Arcangelo Correra, il 18enne raggiunto da un proiettile alla testa in via dei Tribunali.

Napoli, omicidio di Arcangelo. Il giallo dell’arma: “Impossibile trovarla per caso su uno pneumatico”

La versione di Caiafa è che l’arma sia stata ritrovata sopra lo pneumatico di una macchina la notte stessa dell’omicidio. “Solo chi ne avesse conosciuto il posizionamento preciso dell’arma avrebbe potuto vederla”, è invece il ragionamento del Gip. Si tratta di una calibro 9×21 con la matricola cancellata e un serbatoio maggiorato nel quale c’erano almeno 18 dei 26 colpi che poteva contenere. Visto il suo valore di mercato, secondo il magistrato, è raro che la criminalità abbandoni una pistola sopra uno pneumatico ed è altrettanto improbabile che con il buio venga avvistata e recuperata con tanta facilità da un ragazzo.

A parere del giudice, dunque, l’arma era nella disponibilità di quel gruppo di giovani a cui appartenevano anche Caiafa e Correra. Sarebbe poi nata una sfida o un gioco con esiti tragici. La pista della fatalità sembra verosimile, meno invece le circostanze che riguardano la pistola e il suo ritrovamento. “Nessuno – sostiene il giudice – avrebbe lasciato un’arma carica, considerato il suo valore, per strada alla libera apprensione da parte di terzi… la criminalità tende ad acquisire il possesso di questo tipo di armi, he possono essere usate mille e mille volte ancora proprio perché, in quanto clandestine, sono difficilmente ricollegabili ai delitti commessi e ai loro autori”.

Altro giallo

 

A far dubitare dell’attendibilità di Renato Caiafa è anche il modo in cui si è mosso dopo la morte dell’amico. Secondo Il Mattino, infatti, avrebbe gettato i panni sporchi di sangue e poi avrebbe chiesto allo zio di recuperare lo scooter da via dei Tribunali dove l’aveva lasciato al momento dell’omicidio. Una “lucidità” nei gesti e nei comportamenti successivi al delitto che cozzano con quelli che dovrebbero essere i sentimenti di smarrimento e dolore per la morte di Arcangelo.

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