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E’ gremita la chiesa del Gesù Nuovo a Napoli per l’ultimo saluto a Giovanbattista Cutolo, il 24enne ucciso a colpi di pistola per futili motivi in piazza Municipio. La chiesa è gremita: sono presenti tante istituzioni, tra cui il sindaco Gaetano Manfredi e l’arcivescovo don Mimmo Battaglia, che celebre le esequie, poi il governatore Vincenzo De Luca, il ministro Matteo Piantedosi, il parlamentare Francesco Emilio Borrelli, e il ministro della Cultura Genny Sangiuliano. E infine alcuni artisti come Geolier e Franco Riccardi.

Napoli si ferma per i funerali di Giogiò: “Non siamo Gomorra né Mare Fuori”

Napoli si è radunata in un lungo silenzio questo pomeriggio alle 14 per celebrare il giovane musicista dell’orchestra Scarlatti ucciso per una banale questione di parcheggio. I genitori di Giovanbattista, mamma Daniela e Franco Cutolo, sono arrivati in piazza tenendo tra le braccia il corno che il 24enne suonava in vita, a testimoniare un amore e una passione che perdura oltre la morte. Ad accogliere sul sagrato il feretro bianco del 24enne tanti ragazzi e uno striscione affisso sull’obelisco di piazza del Gesù: “Nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta”.

Prima della cerimonia funebre l’orchesta Scarlatti Young di cui la vittima faceva parte ha reso omaggio al ragazzo suonando diversi brani di musica classica che erano parte del repertorio di Giovanbattista. Commovente anche la lettera letta in pubblico dalla sorella di Giovanbattista, Ludovica: “Giogiò era un signore. Napoli non è Gomorra, non è Mare Fuori, non è il Boss delle Cerimonie. Napoli è lui”.

Le parole di Don Mimmo Battaglia: “Perdonami, anche io sono colpevole”

Un lungo silenzio ha anticipato nelle navate della Chiesa l’omelia dell’arcivescovo. “Non preghiamo oggi per Giogiò – ha detto don Mimmo – ma con Giogiò perché lui è vivo, è con noi. Non vorrei celebrare i funerali di un ragazzo ucciso. Più che sentire parlare di Giovanbattista, della sua bravura e della sua arte, avrei voluto toccarla con mano. Ma nessuno di noi però può cambiare la realtà e cancellare quanto accaduto, nessuno può fermare quella mano giovanissima ma già deviata. L’unica parola che oggi può strapparci dal petto la disperazione è la resurrezione”.

E poi un duro mea culpa che don Mimmo Battaglia rivolge a se stesso e alla sua generazione: “Di fronte a questa bara, nessuno può dirsi innocente. Anche io chiedo perdono perché sono anche io colpevole. Perdonami, Giovanbattista, figlio di Napoli, se non ho fatto abbastanza e accetta le scuse di coloro che si girano dall’altra parte. Quella mano l’abbia armata anche noi“.

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