Nuovo Dpcm: matrimoni a numero chiuso, chiusura bar e ristoranti alle 23 e mascherine obbligatorie

L’obbligo di mascherine all’aperto appare ormai scontato, così come l’arrivo dei nuovi divieti. Ma su quali dovranno essere le imposizioni per frenare l’impennata di contagi da coronavirus il governo ha deciso di confrontarsi con le Regioni.

E di attendere i suggerimenti delle opposizioni durante il dibattito parlamentare di domani, quando il ministro della Salute Roberto Speranza riferirà alle Camere i contenuti del nuovo Dpcm e annuncerà ufficialmente la richiesta di proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021.

All’interno dell’esecutivo c’è infatti la tentazione di tornare indietro e impedire ai governatori di poter emettere ordinanze meno restrittive rispetto alla linea imposta da palazzo Chigi. Proprio come accaduto fino al maggio scorso.

È l’effetto della “seconda ondata” del Covid-19, c’è il timore che la risalita della curva epidemiologica possa mandare in affanno le strutture sanitarie.

Al momento la situazione appare sotto controllo, ma l’aumento dei ricoverati convince il premier Giuseppe Conte e i ministri sulla necessità di impedire che possa ripetersi quanto accaduto quest’estate con le discoteche riaperte e i controlli allentati nei luoghi della movida. Nuova stretta, dunque, per evitare che si torni in una situazione da lockdown.

Feste a numero chiuso

Massimo 200 persone per le feste private dopo le cerimonie come matrimoni e battesimi, ma anche sugli incontri conviviali si sta pensando ad una stretta quantomeno sui controlli.

Rimane il divieto di ballo e l’obbligo di mascherina quando si sta al chiuso e non è possibile mantenere il distanziamento di almeno un metro. Una regola che si dovrà applicare anche nei cinema e nei teatri.

Bar e ristoranti

Il governo vuole anticipare alle 23, massimo a mezzanotte, l’orario di chiusura di bar e ristoranti, ma di questo si discuterà con i governatori proprio nel tentativo di trovare una soluzione che possa mettere tutti d’accordo e non incidere in maniera troppo forte su un settore già in grave crisi economica.

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