Omicidio ginecologo Ansaldi: il mistero del guanto indossato dalla vittima

Il mistero che avvolge la morte di Stefano Ansaldi, ginecologo napoletano di 65 anni ucciso a Milano, si infittisce. Secondo gli inquirenti l’ipotesi più plausibile è la rapina finita male, ma sono ancora tanti i nodi da sciogliere. E tanti sono gli elementi rinvenuti sulla scena del crimine che porterebbero gli investigatori ad indagare su altre direzioni.

Il guanto

A cominciare da uno: un guanto. La vittima, dopo essere stata uccisa, indossava un guanto in lattice. Certo, con la pandemia i guanti sono stati descritti come una protezione necessaria per evitare il virus. Ma Ansaldi era un medico stimato, uno scienziato aggiornato, sapeva bene che proprio l’Oms ha fatto retromarcia sulla reale utilità per difendersi dal Covid. E quindi perché lo indossava?

Intanto, il coltello che ha reciso la carotide del medico è stato rinvenuto dagli inquirenti e repertato dalla Polizia Scientifica come prova numero uno. Potrebbero esserci le impronte dell’autore e dare così una svolta alle indagini.

Il biglietto di sola andata

Il periodo di permanenza a Milano è un altro punto da chiarire. Alla famiglia avrebbe riferito di dover incontrare una persona a Milano ma che sarebbe rientrato poche ore dopo. Dalle attività investigative, però, è emerso che Ansaldi aveva acquistato un biglietto di sola andata per Milano. E dunque non è chiaro quanto sarebbe rimasto nella città meneghina. Controllando gli orari dei treni, il medico aveva due possibilità per rientrare: prendere il Frecciarossa delle 18:10 oppure l’intercity delle 23 e farsi 11 ore di viaggio. Eppure il medico è stato trovato senza vita intorno alle 18:30. Quindi il treno ad alta da velocità è da escludere. Ci sarebbe l’altro, l’intercity. Ma non sarebbero state troppe 11 ore di viaggio, soprattutto per un uomo di 65 anni, sebbene in salute, per una semplice visita di cortesia?

La visita alla sorella

Poi c’è un’altra domanda a cui gli inquirenti stanno cercando di rispondere. Che cosa ci faceva Ansaldi nella città meneghina? E chi doveva incontrare? La prima ipotesi degli investigatori è che fosse arrivato a Milano per un saluto pre natalizio alla sorella, residente nella città meneghina da anni. Successivamente si è scoperto che tra i due non vi erano rapporti idilliaci. E non è tutto: la sorella, infatti, era in procinto di andare a Napoli proprio per le feste, quindi non c’era alcuna fretta di percorrere mezza Italia in treno per un saluto fugace.

Il cambio delle giacche

Altro elemento centrale nell’inchiesta coordinata dal pm Adriano Scudieri è il comportamento degli assassini. Dopo l’omicidio si sono cambiati gli abiti per confondere le ricerche e questo fa pensare a un piano premeditato.

Dalle indagini sarebbe anche emerso che non ci sarebbe un legame tra l’omicidio di via Macchi e un’altra aggressione avvenuta nella medesima zona. Infatti poco dopo l’assassinio di Ansaldi, in via Boscovich, un uomo di 72 anni che stava rincasando è stato bloccato, buttato a terra e rapinato di cellulare e orologio. Inizialmente c’era il forte sospetto che ci potesse essere un collegamento ma si tratterebbe di due episodi distinti.

 

 

 

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