Un vero e proprio blitz quello che stanno mettendo in atto i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo che ha permesso di decapitare la compagine mafiosa di Borgo Vecchio a Palermo. Diciassette le persone arrestate, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, detenzione illecita di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni.
L’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, ha portato al ritrovamento del cosiddetto «libro mastro» del pizzo, una sorta di documento contabile con l’indicazione delle vittime e del bilancio delle estorsioni. Sono stati ricostruiti inoltre 14 taglieggiamenti a imprenditori e commercianti della zona del Borgo Vecchio, nel cuore della città, costretti al versare a cosa nostra somme di denaro per evitare ritorsioni che, in qualche circostanza, sono avvenute e sono state documentate dai carabinieri. Alcune vittime, sentite dai militari dell’Arma, hanno confermato di aver pagato il pizzo e le pressioni subite.
Le indagini hanno altresì evidenziato il ruolo che era arrivato a ricoprire all’interno del clan Elio Ganci. Nel 2015 infatti, in seguito alla decisione di collaborare con la giustizia di Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, reggenti del clan, ottennero dai vertici dell’organizzazione mafiosa di Porta Nuova, l’autorizzazione ad individuare il loro erede designato. La scelta ricadde proprio su Ganci.
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Secondo gli inquirenti il boss si era dedicato alle attività estorsive, al controllo dello spaccio sul territorio, e aveva aperto attività commerciali riconducibili al clan e intestati a prestanome. Si era inoltre preoccupato del mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Il boss si sarebbe fatto aiutare da personaggi come Fabio Bonanno, Salvatore D’Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta nella gestione delle attività illecite.
L’inchiesta ha anche permesso di individuare i responsabili di una sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015, nella piazza centrale del quartiere. Coinvolti Giuseppe e Domenico Tantillo, all’epoca ai vertici della cosca, e i componenti della famiglia di Francesco Russo che, dal 2006 al 2008, aveva retto l’organizzazione e intendeva, di fatto, riprenderne le redini. Le due fazioni si affrontarono in piazza a colpi di pistola.