Il governo, con il premier Mario Draghi, si prepara a incontrare i segretari generali dei sindacati per discutere della riforma delle pensioni 2022, che prevede l’abbandono di Quota 100 e il calcolo dell’assegno con il metodo contributivo.
Pensioni, tagli fino al 35% col ricalcolo contributivo: cosa cambia dal 2022
Con il superamento di Quota 100, il prossimo anno sarà possibile andare in pensione con Quota 102, che consiste nel raggiungimento di 64 anni di età e 38 di contributi. Dal 2023, tuttavia, resterà quanto stabilito dalla legge Fornero, ossia pensione ai 67 anni oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi, con un anno in meno per le lavoratrici.
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Nella manovra c’è anche la proroga di un anno per l’Ape social, con l’allargamento dell’elenco dei lavori gravosi, e anche Opzione donna, ovvero la possibilità per le lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni (59 per le autonome) e 35 anni di contributi di lasciare il mondo del lavoro una volta decorso un anno di finestra mobile (18 mesi per le autonome).
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Il ricalcolo della pensione col contributivo comporterebbe non solo l’uscita anticipata a 64 anni dal mondo del lavoro, ma anche una perdita tra il 20 e il 35% rispetto all’importo dell’assegno pensionistico.
“Vediamo se c’è davvero la volontà del governo di avviare un confronto e non solo un ascolto per superare le rigidità della legge Fornero”, afferma Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil e responsabile previdenza.
Per il premier è necessario “tornare in pieno al contributivo, in modo sostenibile per i conti”. Ma ciò “significa anche un ricalcolo per forza di cose penalizzante, un taglio, per quanti sono nel sistema misto e hanno diversi anni (meno di 18, in base alle regole del sistema misto) lavorati prima del 31 dicembre 1995 e conteggiati nel sistema retributivo”, spiega Repubblica. Quanto ai giovani, c’è il rischio che venga spostata l’età di uscita addirittura dopo i 70 anni.