Tra i tanti fenomeni “social musicali” ai quali il festival di Sanremo ci sottopone, c’è la domanda “perché le canzoni ascoltate il giorno dopo sono diverse?“. Bene. Tanti i fattori che determinano questo effetto.
Il primo è la questione del sound. Gli orchestrali e l’ingegnere del suono, per quanto bravi, non riprodurranno mai lo stesso suono che per settimane e settimane è stato studiato in sala d’incisione da manager, case discografiche e super tecnici (che gira e rigira sono quasi sempre gli stessi).
Il secondo fattore è decisamente la comprensione delle parole, molti artisti, anche quelli titolati e con esperienza, presi dall’emozione del palco, o dimenticano le parole (caso raro ultimamente grazie ai gobbi) o fanno fatica a pronunciare qualche parolina cruciale, tra fiato, utilizzo del diaframma e movimenti scenici azzardati. Ma non finisce qui, torniamo al sound. Spesso quello della tv, non aiuta il telespettatore ad entrare “nel flusso canzone” come può fare giusto 5 minuti dopo con le cuffiette.
L’altro aspetto da considerare è sicuramente “la scaletta”. È diverso ascoltare in una sola sera venti canzoni al cospetto di una, magari soli in auto. Non è mistero, le canzoni a primo ascolto sembrano, forse non brutte, ma diverse. Il paradosso vuole che più si utilizzano tecnologie in un brano realizzato in studio, più la versione acustica-orchestrale risulterà diversa. Questo è il motivo per il quale negli anni 80 , quando si cantava in playback e poi su base, le canzone venivano presentate la pubblico in una versione più autentica. Ma nessun dubbio sul fatto che una festa della musica debba avere Assolutamente l’orchestra.