“Positiva dopo la discoteca. Ho infettato papà: lotta tra la vita e la morte. Non me lo perdono”

“Io e i miei amici avevamo deciso di non andare in discoteche e posti chiusi per evitare i contagi, però quel sabato era il compleanno del mio più caro amico, come facevamo a non festeggiare fino a tardi? Decidemmo che per una sera non sarebbe successo niente. Fu l’inizio del film horror che sto vivendo”. Martina ha 20 anni e ha deciso di affidare al Corriere della sera il suo sfogo. In una lettera racconta come dopo una sera in discoteca abbia contratto il coronavirus, infettando anche il padre, che da settimane ormai lotta in terapia intensiva.

La ragazza, grazie al suo racconto, evidenza come il virus spesso non causi gravi conseguenze nei più giovani, che si trasformano però il “serbatoi di infezione”, come dichiarato dal professor Galli, infettivologo del Sacco di Milano. “Dopo i primi sintomi, raffreddore e tosse, pensai fosse colpa dell’aria condizionata, ma decisi comunque di andare dal dottore. Anche lui mi disse che non sembravano sintomi da Covid, quindi continuai a fare la mia vita normale”.

“Fecero il test a tutti i miei familiari. Solo la mamma fu negativa. Positivi i nonni, mia cugina di 12 anni, e papà. Il nonno è finito in ospedale e ora è stato dimesso e si sta riprendendo. Io, mia cugina e la nonna non abbiamo avuto problemi e dopo quattro settimane chiusi in casa siamo tornati negativi. Invece papà no. Siccome stavo bene lui mi diceva che tanto non era il virus, che non aveva voglia di starmi lontano: ‘Dai, Marti, che poi ritorni a Madrid e non ci vediamo per tanto tempo’. E anch’io pensavo così, e gli ho dato abbracci e baci… voglio tanto bene a papà”.

Da due settimane l’uomo si trova in terapia intensiva, intubato. Martina non può vederlo, non può tornare indietro. ”Non me lo potrò mai perdonare”, dice.

“Ormai non ho più fame, ma devo sforzarmi di mangiare sennò la mamma sta male. Non riesco più a fare niente, nemmeno alzarmi dal letto al mattino, però lo faccio, per la mamma e per la nonna. A volte provo a fingere un sorriso per alleviare la loro preoccupazione. I giorni passano veloci, e non me ne accorgo neanche. Ripenso continuamente alla felicità di quella serata, alla sua orribile conseguenza, e prego che papà riesca a superare anche questa. Spero almeno che la mia storia possa essere utile ai miei coetanei”.

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