Protesta dei dipendenti dell’ufficio Stato Civile a Marano: “Chi si arricchisce e chi deve morire”

“Chi si arricchisce e chi deve morire: mobbing nell’ufficio Stato Civile”. E’ questo l’incipit della missiva scritta da uno dei due dipendenti dell’ufficio e inviata (numero protocollo 14475) al sindaco Angelo Liccardo, all’assessore al ramo, al segretario generale dell’Ente, al dirigente dell’area amministrativa, al responsabile del settore e alle rappresentanze sindacali unitarie.

Una lettera per denunciare le condizioni in cui sono costretti ad operare, ormai da qualche mese, i due dipendenti dell’ufficio, tra i più frequentati dagli utenti che si recano nei locali del Comune in quanto preposto alla certificazioni di nascite, matrimoni, separazioni e dipartite. “Siamo in pratica prigionieri in questo ufficio – lamentano i due unici impiegati del settore – Da almeno cinque mesi, dal giorno in cui è scomparso prematuramente il nostro collega Umberto Ciccarelli. L’ufficio è sempre aperto, anche nei giorni festivi, e il carico di lavoro è elevatissimo. Abbiamo chiesto aiuto, in svariate occasioni, all’assessore al ramo, al sindaco e ai funzionari. Tante promesse, ma per ora nessun atto concreto. Nessuno sembra avere a cuore le nostre problematiche”.
Tra l’altro i due dipendenti – che si alternano (turno di quattro ore) il sabato, la domenica e negli altri giorni festivi – non stanno percependo alcun compenso per questi straordinari, per gli intoppi legati all’approvazione del contratto collettivo decentrato. Come se non bastasse, lamentano di lavorare sulla scorta di un semplice, “generico ordine di reperibilità e senza alcuna disposizione specifica in merito al servizio da effettuare”. In precedenza percepivano 100 euro lordi al mese, ma la turnazione era effettuato da ben quattro dipendenti. Dopo la morte di Ciccarelli e il pensionamento di Felice Grasso, sono rimasti in due in uno degli uffici che ha il maggior carico di lavoro, con pratiche da vagliare e archiviare che arrivano anche da fuori città.
“Finora – concludono – per senso di responsabilità non ci siamo mai sottratti al nostro compito. Eppure, più di qualcuno, seppur non ufficialmente, ci ha invitati a non recarci più a lavoro durante i giorni festivi. Non saremmo tenuti a farlo. Anche noi abbiamo diritto al giorno di riposo settimanale previsto dal Contratto nazionale, ma finora, anche a costo di grandi sacrifici, fatti tra l’altro anche durante il periodo estivo, non ci siamo mai tirati indietro”.

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