La Russia rischia di andare in default. Secondo la stima di Jp Morgan, Mosca dovrebbe onorare un debito di 117milioni di dollari in interessi relativi a due obbligazioni denominate in valuta estera.
Il Presidente russo Vladimir Putin fa sapere che la Russia effettuerà i pagamenti ma lo farà in rubli anziché in dollari. Saldare i propri debiti con una moneta il cui valore è fortemente svalutato significa venire meno alle proprie obbligazioni, ciò dovuto alla mancanza di mezzi necessari per effettuare i pagamenti dovuti.
Cosa significa default e quali debiti ha la Russia
Una situazione di default si verifica quando uno Stato non riesce a rispettare le clausole contrattuali e quindi a ripagare i debiti contratti.
La Russia avrebbe circa 40 miliardi di obbligazioni denominate in valuta estera, a cui si aggiungono secondo le stime della banca d’affari Usa JpMorgan altri 100 miliardi di debiti in mano alle aziende straniere. Tra queste, i giganti del gas e del petrolio come Gazprom, Rosneft e Lukoil, con debiti per svariate decine di miliardi di dollari.
Cosa succede se la Russia va in default e quali conseguenze ci sarebbero
Anzitutto, sarebbe il primo grande default della Russia da quando i bolscevichi non riconobbero il debito dello zar dopo la rivoluzione del 1917. Se la Russia non dovesse riuscire a saldare le passività, centinaia di investitori potrebbero abbandonare gli investimenti e lasciare il Paese. La Russia si ritroverebbe quindi ancora più isolata. Lo scenario che si prospetta all’orizzonte è molto più drammatico: come un effetto domino, tutte le aziende rischierebbero di dichiarare fallimento assieme al Paese.
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Secondo Gerard DiPippo, ricercatore senior in economia presso il Center for Strategic and International Studies, la Russia potrebbe vivere una situazione molto simile alla crisi finanziaria che colpì l’Argentina a cavallo tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo millennio.
“La grande differenza qui è che è uno shock che gli investitori non si aspettavano di dire due o tre mesi fa, mentre in Argentina si è visto arrivare il problema”, spiega ad Al Jazeera. “È un evento geostrategico, seguito da massicce sanzioni, un’economia in crisi e ora il potenziale di default del debito”, dice DiPippo. “Si tratta di qualcosa che in pochi hanno previsto”, conclude.
I precedenti
Non è la prima volta che la Russia non riesce a onorare i propri debiti. L’ultima volta risale all’agosto del 1998. Essa portò il Governo e la Banca centrale a svalutare il rublo e a non poter rimborsare il proprio debito sovrano, determinando il default.
L’inflazione raggiunse l’84% e i costi sociali crebbero considerevolmente. Molte banche, tra cui gli istituti Inkombank, Oneximbank e Tokobank, dovettero chiudere a causa della crisi. Dal crollo finanziario il Paese si riprese velocemente, grazie al fatto che i prezzi del petrolio nel mercato mondiale aumentarono vertiginosamente nel corso del 1999-2000.
Cosa rischiano l’Europa e l’Italia
Le banche e aziende in Usa, Gran Bretagna, Giappone e Paesi dell’Ue, tra figura anche l’Italia, rischiano, dunque, di ritrovarsi in mano una valuta che non possono cambiare in dollari o in euro, e che ulteriori sanzioni minacciano di ridurre a “carta straccia”. Per l’Italia poi si aprirebbe una fase di crisi in termine di approvvigionamenti energetici. In caso di default russo, il governo italiano si ritroverebbe a sostenere non solo i big energetici (Eni, Snam), ma anche diverse banche (Intesa, Unicredit) e molti gruppi industriali (Pirelli, Prysmian e Marcegaglia) che in passato hanno investito in Russia, aprendo anche numerose filiali.
La Russia, inoltre, è anche il più grande esportatore al mondo di materie prime: fornisce il 45% del palladio, il 15% di platino, il 13% del nickel, il 16% del titanio e il 4% dell’acciaio, ma anche grano, zucchero e mais all’Europa. Un tracollo finanziario assesterebbe un duro colpo ai Paesi importatori.