Sono rimasti seduti lì, per ore, indossando una maglietta bianca con la scritta “Sasy vive”. Così gli amici di Salvatore Giordano, i ragazzi della Massimo D’Azeglio e quelli della terza A, quelli che erano con lui negli ultimi istanti della sua vita, hanno voluto omaggiarlo nel giorno dei suoi funerali. Sotto il sole – che non ha mai smesso di battere sul prato dello stadio comunale di via Falcone – sono rimasti in silenzio, senza batter ciglio e con gli sguardi spaesati di chi non ha ancora capito e forse non accetterà mai una scomparsa tanto tragica e improvvisa. Non solo le magliette con il nome del loro amico, ma anche decine di striscioni, preparati alla vigilia delle esequie, e posti alle spalle del feretro. In tre hanno preso la parola prima dell’inizio della cerimonia funebre, leggendo una lettera per ricordare i momenti più belli vissuti con Salvatore. “Tu, Salvatore, avevi tutto per piacere agli altri: il tuo ottimismo, il tuo essere sognatore, la tua maturità, la tua disponibilità. Tu eri il nostro pilastro, la nostra colonna e da quando non ci sei più il mondo ci è crollato addosso”. Queste le parole scelte per descrivere il carattere, l’animo puro di un ragazzo destinato a rimanere nel cuori di tutti.
Ma i giovanissimi, tutti poco più che tredicenni, alternatisi sul palco posto davanti alla bara bianca del loro compagno di classe, hanno voluto rivendicare anche il loro diritto alla vita. “I giornali, la televisione hanno detto che si è trattato di un tragico incidente, ma in tutti noi è rimasta la sensazione che un’ondata di ingiustizia ci travolgesse e allora ci siamo detti che noi ragazzi abbiamo diritto di passeggiare spensieratamente per le strade della nostra bella città, senza il rischio che l’incuria verso il patrimonio artistico provochi la caduta di pezzi di cemento che poi ti piombano addosso, provocando la morte di un ragazzo innocente”.
A prender la parola anche Benedetto, il miglior amico di Salvatore. Si frequentavano da anni e non si erano mai persi di vista fin dal primo giorno delle elementari. Ma quel maledetto sabato, quello in cui ha perso la vita Salvatore, Benedetto non era con lui. Era a Viterbo per seguire un corso di inglese, quando ha saputo che Salvatore era ricoverato in un ospedale di Napoli, senza che gli fosse spiegata la gravità delle sue condizioni. Al suo ritorno l’amico più caro non c’era più. “In questo giorno amaro – ha detto Benedetto, riuscendo a stento a trattenere le lacrime – tutti i nostri pensieri ci riportano a te e una fitta di malessere ci afferra all’improvviso: è il dolore di averti perduto, è la consapevolezza che non ci guarderemo più negli occhi”. Loro, i ragazzi della terza A, anche dopo le esequie non sono andati via: tutti insieme si sono diretti verso la scuola, la Massimo D’Azeglio, e lì hanno continuato a parlare del loro compagno e di un memorial calcistico con il quale, tra qualche settimana, intendono ricordarlo.
Dei contraccolpi e delle eventuali ripercussioni psicologiche si preoccupano ora gli insegnanti, ma soprattutto i genitori. L’aria sbarazzina e a tratti un po’ ruvida non deve infatti trarre in inganno: la fragilità di questi ragazzi, soprattutto dei maschietti, quelli che provano a farsi forza e che non esternano facilmente i loro sentimenti, la si coglie soprattutto dai piccoli particolari. Quando si abbracciano lontano dagli sguardi degli insegnanti e delle mamme e, tutto d’un tratto, mostrano il loro lato più tenero. “Continueremo a seguire questi ragazzi, anche se da settembre non frequenteranno più il nostro istituto – spiegano alcuni insegnanti – Contatteremo i dirigenti scolastici degli istituti superiori ai quali si sono iscritti, per metterli al corrente della tragica esperienza che hanno vissuto, chiedendo loro di seguirli con particolare attenzione”.