La docuserie San Patrignano: luci e tenebre di SanPa è diventato un vero e proprio fenomeno in Italia, non solo perché racconta la storia di Vincenzo Muccioli, fondatore della comunità di recupero tossicodipendenti più grande d’Europa, ma anche perché esplora una delle vicende umane, sociali e politiche più emblematiche dell’Italia degli anni ’80.
Nel giro di pochi giorni SanPa ha scalato la classifica di Netflix, posizionandosi al secondo posto tra le serie tv più viste in Italia e non solo. La docuserie è stata ideata e prodotta da Gianluca Neri, autore televisivo, blogger e scrittore, che l’ha sceneggiata insieme a Carlo Gabardini, scrittore e autore televisivo e teatrale, e Paolo Bernardelli.
Alla regia c’è Cosima Spender, figlia degli artisti Matthew Spender e Maro Gorky, già premiata al Tribeca Film Festival con il suo docufilm Palio. Per SanPa gli autori hanno raccolto 180 ore di interviste e immagini tratte da 51 differenti archivi: un lavoro di documentazione durato ben tre anni.
SanPa, chi era Vincenzo Muccioli
La docuserie ruota intorno alla figura controversa di Muccioli. Ma chi era davvero?
Di lui sappiamo che nacque a Rimini nel 1934. Da giovane era appassionato di agricoltura e animali. Si sposò nel 1962 con la coetanea Maria Antonietta Cappelli. I due ebbero due figli: Andra Maria e Giacomo Maria. A Coriano la coppia si trasferì poco dopo il matrimonio, in un podere che si chiama San Patrignano e che diventerà poi la comunità che oggi conosciamo.
La prima ospite, una ragazza trentina, arriva nel novembre 1978. Nel giro di poco SanPa diventa “qualcosa di enorme”. La cooperativa dichiara come scopo quello di fornire “assistenza gratuita ai tossicodipendenti e agli emarginati”. Dal 1985 Muccioli e familiari rinunciano parzialmente alla comunità e ai diritti ereditari intestandoli alla Fondazione San Patrignano.
I processi
Due i processi che Vincenzo Muccioli ha affrontato. Il primo, iniziato nel 1983, è detto “Processo delle catene”. Le accuse: sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni giovani della comunità. Condannato in primo grado, assolto con formula piena in Appello e in Cassazione nel 1990. Il secondo processo, tenutosi nel 1994, ha portato a una condanna di otto messi per favoreggiamento (con sospensione condizionale) e a un’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo per l’omicidio colposo di Roberto Maranzano nella comunità.
Muccioli è stato criticato per i metodi usati all’interno della comunità. Metodi coercitivi che intervenivano soprattutto durante le crisi di astinenza degli ospiti. L’uso delle catene, per impedire a questi di scappare e di tornare a drogarsi, emerse durante i processi.
Roberto Maranzano, ragazzo palermitano, morì a causa di un pestaggio nel porcilaio della struttura. Il suo corpo fu ritrovato in una discarica a Napoli. Gli autori materiali del pestaggio furono condannati dai 6 ai 10 anni. Successivamente vennero denunciati altri pestaggi e anche dei suicidi a SanPa. Si è usato spesso il termine “macelleria”.
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Le parole del figlio di Muccioli
Dopo il successo della docuserie su Netflix, la comunità di San Patrignano si è dissociata. Di recente è stato intervistato anche Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo Muccioli.
Andrea Muccioli ha definito SanPa come “pura e semplice fiction. Cerca l’effetto “pulp” creando più ombre possibili intorno alla figura del protagonista. Ci riesce benissimo, ma ne falsifica la storia, il pensiero e il modello”. Sui metodici coercitivi usati all’interno della comunità, ha dichiarato che “ci sono stati errori gravissimi. Ma quando parliamo di San Patrignano non parliamo della Caritas, con tutto il rispetto. Parliamo di un percorso drammatico di accoglienza di giovani, i tossicodipendenti degli anni ’80, che distruggevano le loro famiglie ed erano abbandonati dallo Stato. Venivano da contesti violenti e sarebbe stato inimmaginabile gestirli con la violenza”.
San Patrignano oggi
I fatti narrati da SanPa si fermano al 1995. Ma la San Patrignano di oggi appare fortunatamente molto diversa da quella descritta nella serie di Netflix.
La famiglia Muccioli ha lasciato la gestione nel 2011, ed è subentrata Letizia Moratti, co-fondatrice e sponsor finanziaria di San Patrignano assieme al marito Gianmarco (scomparso nel 2018).
Oggi la comunità ospita 1000 tra ragazze e ragazzi e vi operano educatori professionisti, psicologi e anche psichiatri. Inoltre non vengono più accettati tossicodipendenti in astinenza, lasciando che vengano seguiti piuttosto dai Sert e da altre strutture con cui San Patrignano da anni ha preso a collaborare attivamente. La comunità ha anche attivato diversi programmi di laurea in collaborazione con un’Università telematica e 40 laboratori dove è possibile formarsi ad attività lavorative. Nel tempo sono cambiati anche gli ospiti di SanPa: oggi la maggior parte degli ospiti sono ex cocainomani o di poli-assuntori (cioè di persone che assumono sostanze diverse).