Schiavone si pente. Saviano: “Collaborerà o vuole solo evitare l’ergastolo?”

La notizia del pentimento di Francesco Schiavone, conosciuto come Sandokan, dopo ben 26 anni di carcere duro rappresenta un evento di indubbia rilevanza nel contesto della lotta contro la criminalità organizzata in Italia.

La figura di Sandokan è emblematica non solo per il suo ruolo di capo clan, ma anche per la sua capacità di operare sia come killer che come imprenditore.

Saviano: “Ho paura che il pentimento di Sandokan sia una messa in scena”

A far sorgere i primi dubbi sulla natura della sua decisione ci ha pensato, però, Roberto Saviano, autore di “Gomorra” e profondo conoscitore del mondo della Camorra.

Lo scrittore ricorda quando, nel 2010, aveva invitato Schiavone a collaborare con la giustizia, sottolineando come il suo potere fosse già all’epoca in crisi. La decisione di collaborare ora, se confermata e sincera, potrebbe avere implicazioni molto significative. “Il grande rischio – avverte però Saviano – è che faccia come Augusto La Torre e Antonio Iovine che non hanno mai svelato dove sono i soldi e non hanno mai contribuito alla distruzione del sistema”.

“Ci sono state dichiarazioni generiche su omicidi di cui spesso già si sapeva. Insomma,- commenta lo scrittore in un video sui suoi canali – pentimenti di superficie. Fatti per salvare il patrimonio e non fare l’ergastolo in una sorta di negoziazione con lo Stato dove il boss  dà l’immagine di non essere più un capo e qualche informazione e, in cambio, riceve sconti di pena”.

“Sono molto preoccupato – confessa Saviano – che questo pentimento possa essere un gran teatro, una messa in scena in cui poco verrà detto. Bisogna monitorare, non lasciare che tutto resti nell’ombra”.

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