Quando è stato preso, in un autolavaggio di Secondigliano, il ras 33enne del clan “Di Lauro” non ha opposto resistenza. “Voglio cambiare vita”, avrebbe detto ai carabinieri della sezione “Catturandi” di Napoli. “Voglio stare lontano dallo spaccio”.
Emanuele Niola, latitante da alcuni mesi, fuggiva da un provvedimento definitivo di condanna, un ordine di carcerazione emesso dalla corte appello di Napoli per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Dovrà stare in carcere 6 anni e 7 mesi di reclusione. Una pena dura, per uno pezzo grosso della cosca egemone a Secondigliano. Secondo gli investigatori, infatti, Niola è stato capopiazza del “terzo mondo”, nota piazza di spaccio alle porte di Scampia, storicamente legata ai “Di Lauro”, centro di smistamento della droga per tutta la Campania e fonte di affari milionari (100mila euro al mese il solo Rione dei Fiori).
A Emanuele Niola gli investigatori sono arrivati grazie alla prenotazione di un biglietto per l’incontro Napoli-Inter che si terrà tra 10 giorni: chi per lui si stava procurando gli ingressi, in una telefonata con un amico ha fornito solo il proprio nome, temporeggiando sul secondo, silenzio sul nome che ha insospettito i militari i quali da quel momento hanno rinforzato e approfondito le indagini per la cattura di Niola avendo intuìto la sua probabile presenza nella zona nord di Napoli.
Adesso il cerchio si stringe intorno al boss del clan, Marco Di Lauro, 37 anni, latitante da 12, di cui Niola è considerato dagli investigatori un fiancheggiatore. I sospetti si concentrano proprio su Secondigliano: possibile che uno dei latitanti più ricercati al mondo si nasconda nella sua roccaforte? Possibile, certo, specie se si considerano i numerosi avvistamenti in zona. Il boss “ufo” si muoverebbe a bordo di quattro auto intestate a prestanome, userebbe parrucche (anche da donna), comunicherebbe con gli affiliati in stile mafioso tramite pizzini. Precauzioni, queste, che però non lo salverebbero da un arresto considerato sempre più imminente.