Traffico illeciti di rifiuti dalla Campania alla Lombardia, undici arresti

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Rifiuti speciali da smaltire in Campania e in Calabria. Undici gli arresti mesi a segno dai carabinieri Forestali. I militari dei Gruppi di Milano, Lodi, Pavia, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro hanno smantellato un sodalizio criminoso dedito al traffico illecito di rifiuti. L’organizzazione si è resa responsabile del riempimento di numerosi capannoni abbandonati nel Nord Italia e di tombamento di rifiuti in una cava dismessa a Lamezia Terme.

Undici arresti per traffico illecito di rifiuti

L’attività della DDA di Milano ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Milano nei confronti di undici responsabili tutti italiani, alcuni dei quali operanti nel settore dei rifiuti. Eseguite perquisizioni presso 4 ditte e impianti di trattamento rifiuti nelle province di Como, Trento, Napoli, Catanzaro. Sequestrati, ai fini della confisca quattro automezzi utilizzati per la realizzazione del traffico di rifiuti.

Rifiuti dalla Campania al Nord

L’Autorità Giudiziaria ed i CC Forestali sono quindi riusciti ad individuare una organizzazione criminale capeggiata da soggetti di origine calabrese, tutti con numerosi precedenti penali. Questi soggetti, attraverso una complessa struttura fatta di impianti autorizzati complici e trasportatori compiacenti, società fittizie intestate a prestanome e documentazione falsa, gestivano un ingente traffico di rifiuti urbani e industriali provenienti da impianti campani (in perenne condizione di “sovraccarico”). In particolare, attraverso una vorticosa serie di “passaggi” tra impianti a volte reali a volte fittizi, finivano in capannoni abbandonati in diverse aree industriali del Nord Italia. I trafficanti di rifiuti riempivano i capannoni e poi li chiudevano saldandone addirittura le porte. È stata, altresì, documentato dagli investigatori attraverso monitoraggio GPS dei camion e pedinamenti a distanza, l’interramento di un carico di 25 tonnellate di rifiuti presso una cava dismessa di Lamezia Terme, reato poi interrotto in flagranza.

I rifiuti provenienti da impianti dell’hinterland Napoletano erano intermediati da una società di Acerra. La società si occupava di individuare destini “apparentemente leciti” a rifiuti non trattati come dovuto. Ciò avveniva grazie alla disponibilità di trasportatori “di fiducia” ed al ruolo fondamentale svolto da un impianto di trattamento autorizzato in provincia di Como il quale fungeva da reale “snodo” del traffico, garantendo al sodalizio criminale un “destino formalmente corretto” dei vari trasporti. In realtà i rifiuti solo apparentemente venivano trattati presso l’impianto comasco. In realtà l’organizzazione li destinava a riempire capannoni dismessi o ex aree industriali, oppure li interrava. I trasportatori compiacenti venivano scortati di volta in volta da apposite staffette che li guidavano nel sito abusivo “del momento”.

I sequestri

A disposizione del sodalizio anche una professionista in campo ambientale di Como. La donna, dietro compenso, prestava la sua preziosa consulenza tecnica per la “creazione” del complesso sistema documentale utilizzato per “schermare” il traffico. Il tutto nella piena consapevole del profilo criminale dei suoi clienti. Grazie all’opera di “raccordo” condotta dalla DDA di Milano, singoli e diversi fascicoli penali relativi ad episodi di abbandoni o discariche di rifiuti in tutto il nord Italia sono stati analizzati. Da qui gli inquirenti ne hanno ricostruito la riconducibilità al sodalizio criminale. Con riferimento al solo hinterland milanese sono state ricondotte all’operato degli indagati i capannoni colmi di rifiuti sequestrati a Gessate, Cinisello Balsamo e area Ex Snia di Varedo.

Oltre all’impianto SMR Ecologia di Como, vero snodo del traffico, la Procura ha individuato e sequestrato già nei mesi scorsi gli impianti Salcon Sas di Como, Tecnometal di Trento e Eco.Lo.Da. di Lamezia Terme. Tutti classificati come siti illeciti di rifiuti. Lo stesso sito della Eco.Lo.Da. sequestrato nel giugno del 2018 si era presentato come un semplice capannone privo di qualsivoglia dispositivo per il trattamento di rifiuti. Il destino “calabrese” dei rifiuti ha riguardato anche una cava dismessa ove i rifiuti venivano interrati, cava in passato già oggetto di una sequestro perché utilizzata per l’occultamento in fusti di armi e droga.

Nel momento in cui i numerosi sequestri di siti di stoccaggio illeciti nel nord Italia hanno “allarmato” il sodalizio criminoso e reso più complesso il reperimento di siti abusivi al nord, si è assistito pertanto ad una “inversione di flusso”. Grazie ai a contatti con le cosche del territorio lametino, l’organizzazione criminale ha individuato i destini illeciti utili a proseguire la frenetica attività di smaltimento illecito di rifiuti ed i connessi profitti. Ciò in virtù del fatto che, offrendo agli impianti in difficoltà, costi di smaltimento inferiori a quelli elevatissimi delle discariche o degli inceneritori, la domanda di mercato gestita dall’associazione criminale era praticamente inesauribile.

Le discariche abusive

Lo “smaltimento” in realtà si tramutava nella realizzazione di discariche abusive per oltre 14.000 tonnellate di rifiuti di ogni natura. Gli investigatori hanno stimato il volume complessivo di illeciti profitti in oltre 1.700.000 euro con riferimento all’anno 2018. I profitti illeciti poi, transitati presso i conti delle società coinvolte, venivano “drenati” attraverso significativi prelevamenti in contante e ricariche su carte postepay utilizzate ad hoc, evitando cosi la tracciabilità dei flussi di denaro.

A connotare l’atteggiamento spregiudicato della banda anche un tentativo di sequestro di persona, accertato nel corso delle indagini, ai danni di un imprenditore campano per ottenere il pagamento immediato di trasporti illeciti di rifiuti effettuati per suo conto.

L’indagine ha visto coinvolti in ruoli chiave del sodalizio criminoso soggetti calabresi pluripregiudicati. Uno di essi già coinvolto nelle operazioni contro la ndrangheta quali “Tenacia” e “Infinito Crimine”. L’inchiesta ha altresì evidenziato un caso di infiltrazione criminale nella stessa società SMR Ecologia di Como da parte dei calabresi i quali intercettati la definivano il loro “Feudo”.

Partendo da una forma di illecita collaborazione con l’impianto di trattamento rifiuti di Como per agevolare l’abnorme flusso di rifiuti gestiti, gli indagati calabresi hanno adottato atteggiamenti sempre più “invasivi” sulla società arrivando ad utilizzare personalmente gli uffici della ditta, i mezzi, il carburante e le autorizzazioni. Ciò ha determinato poi la proprietà della ditta, un imprenditore lombardo fiaccato anche da problemi economici e giudiziari, alla cessione della stessa al gruppo criminale attraverso l’intestazione ad un prestanome appositamente designato.
Altamente significativa dello stato di soggezione dell’imprenditore lombardo e delle modalità di infiltrazione utilizzate dagli indagati è la stessa definizione che ne dà l’imprenditore. Ovvero “gente che viene a casa tua e anche se non ti trova, si mette lì e dice: ora io devo mangiare la pastasciutta con te”.

Emblematico della vicinanza agli ambienti di ‘ndrangheta anche la conversazione tra due pregiudicati calabresi i quali discutendo animatamente su una controversia legata a somme di denaro ne rimandano la definizione a quando “saranno a tavola con i cristiani di Platì e San Luca e si vedrà chi ha ragione e chi ha torto”.

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