Gira in rete, ormai da tempo, un articolo che riporta un boom di ricoveri nel 2018 in terapia intensiva in Lombardia. Questa informazione viene usata per ridimensionare l’allarme sul coronavirus, a beneficio di chi vuole etichettarla come poco più di una banale influenza. Una discussione già da più parti classificata come non fondata su alcuna verità scientifica.
Veniamo ai fatti: l’articolo ci spiega che nel periodo che va da Natale 2017 al 10 gennaio 2018 “ha destato grandissima preoccupazione” il ricovero di 48 malati in terapia intensiva per influenza negli ospedali lombardi. Basterebbe già questo per chiudere qui la nostra riflessione. Se 48 malati sono un allarme, cosa dovremmo fare oggi che in Lombardia ci sono 156 ricoverati in intensiva per il Covid che aumentano al ritmo di 20 al giorno?
Nella più grande regione italiana abbiamo avuto picchi di 1400 persone in terapia intensiva durante la scorsa primavera, con aumenti di 400 casi a settimana. Il Ministero della Sanità ci dice che nella stagione influenzale 2018 – 2019 in Italia i casi gravi che hanno necessitato di cure in intensiva a causa dell’influenza sono stati 809, mentre i morti sono stati circa 8000: la maggior parte di questi non passa per le terapie intensive perché di fatto presenta quadri clinici già molto compromessi.
Passiamo al Covid-19. Da quando è arrivato in Italia sono morte con questa infezione 36.968 persone. La differenza tra 8000 e 36.968 la nota chiunque, ma è bene ricordare che abbiamo avuto questi numeri nonostante le misure adottate di contenimento del virus che sono state drastiche in primavera e che ci vedono oggi tutti (quasi tutti) uscire con mascherine e stare attenti al distanziamento sociale.
I 48 casi di terapia intensiva citati dall’articolo, condiviso e ricondiviso, riguardano il periodo delle feste natalizie, quando tra pranzi, aperitivi e cenoni ognuno di noi ha contatti, baci e abbracci (quanto ci mancano!) con tante persone ed infatti si verifica uno dei picchi dell’influenza stagionale. In una situazione del genere il coronavirus si potrebbe diffondere a macchia d’olio e i numeri delle terapie intensive li dovremmo contare a migliaia, non a decine.