Il Ministero dell’Interno ha rigettato la domanda di Augusto Di Meo, testimone oculare dell’omicidio di Don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe assassinato dal clan dei casalesi poco prima che celebrasse la messa il 19 marzo del 1994, per il riconoscimento di vittima innocente della criminalità. L’istanza è stata bocciata perché ritenuta tardiva.
La decisione ha fatto insorgere il Comitato don Peppe Diana, associazione che a Casal di Principe e nei comuni limitrofi gestisce numerosi beni sottratti alla criminalità organizzata.
Di Meo vide in faccia uno dei killer, l’esponente del clan Giuseppe Quadrano, lo denunciò e lo fece condannare. All’epoca aveva 34 anni e uno studio fotografico avviato. La sua vita è stata totalmente sconvolta da quella giornata. La sua testimonianza fu fondamentale per far condannare gli assassini anche in Cassazione, nel 2004. Dopo la testimonianza ha dovuto affrontare tantissimi problemi personali ed economici, ed ha dovuto lasciare Casal di Principe.
Nel 2010 chiese di essere riconosciuto come testimone di giustizia, ma la sua domanda fu bocciata perché allora quella figura non esisteva nell’ordinamento italiano. A parziale risarcimento nel 2014 il capo dello stato Giorgio Napolitano lo nominò Ufficiale della Repubblica. Nel 2015 Di Meo ha poi presentato domanda per essere riconosciuto come vittima innocente della criminalità, ma il Ministero ha attuato la norma secondo cui l’istanza va presentata entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza; cosa avvenuta nel 2004.
Per perorare la sua causa il Comitato don Peppe Diana, insieme al coordinamento provinciale casertano dell’associazione Libera e all’amministrazione comunale di Casal di Principe, si è fatto promotore di una petizione popolare che ha raccolto più di 40mila firme. Le sottoscrizioni saranno poi sottoposte al nuovo Ministro dell’Interno.